Brexit, l’assordante silenzio di Draghi

Brexit, l’assordante silenzio di Draghi
Mario Draghi
6 luglio 2016

bceMario Draghi ancora non si esprime sulla Brexit. Per la seconda volta, da quando i britannici hanno scelto di votare “leave” al referendum del 23 giugno scorso, il presidente della Bce si è astenuto dal menzionare la questione in un intervento ufficiale. Ma secondo alcuni analisti potrebbe essere una scelta deliberata: per evitare di creare aspettative sui mercati che potrebbero complicare ulteriormente il quadro. Questo non pronunciarsi del capo della Bce si era già verificato il 28 giugno, al forum annuale che l’istituzione monetaria organizza a Sintra, in Portogallo. Ma allora si era alla vigilia di un delicato vertice europeo, che avrebbe potuto suggerire una prudenza supplementare. Ora però, la mancanza di commenti o valutazioni su quello che resta il tema di gran lunga dominante sulla situazione dei mercati, si è ripetuta al convegno sulla statistica che sempre la Bce ha organizzato a Francoforte. Nel suo intervento in apertura, Draghi nuovamente non ha menzionato la questione, invece si è rigorosamente mantenuto sul tema in agenda. Un comportamento che potrebbe apparire anomalo da parte di un banchiere centrale che, sempre mantenendosi nell’ambito delle sue responsabilità istituzionali, spesso nei suoi interventi inserisce spunti di riflessione, commenti o anche proposte sulle questioni attinenti a Unione europea e unione monetaria. Tanto più che non appena si è creato l’allarme globale post voto Brexit, molti osservatori hanno iniziato a seguire con rinnovata attenzione la Bce e Draghi in particolare per vedere come avrebbe reagito.

Ad oggi l’unica reazione è un comunicato del 24 giugno, all’indomani del voto. “La Banca centrale europea segue con attenzione i mercati finanziari e mantiene stretti contatti con altre banche centrali. La Bce è pronta a erogare liquidità aggiuntiva, se necessario, in euro e in altre valute. La Bce si è preparata a questa evenienza in stretto contatto con le banche sottoposte alla sua vigilanza e ritiene che il sistema bancario dell’area euro abbia capacità di tenuta in termini di capitale e liquidità. La Bce continuerà ad assolvere la propria responsabilità di assicurare la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria nell’area euro”. Il silenzio di Draghi ha tutta l’aria di una scelta deliberata, osserva Marco Valli, economista di UniCredit: “Non vuole creare aspettative sui mercati che poi rischierebbero di andare deluse”. Perché la Bce “viene da misure molto aggressive – spiega ad Askanews – quindi se parli sulla Brexit devi dare un segnale di stimolo, ma se non vuoi o non ritieni di darlo per l’immediato allora è meglio tacere, perché rischi di creare aspettative esagerate”. “Siamo in una fase di fortissima incertezza in cui non puoi lanciare messaggi di ulteriore espansione, dopo le misure espansive già adottate. Quindi mi sembra abbastanza normale che non ci siano state dichiarazioni” dal capo della Bce.

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Draghi, rileva Valli, vorrà anche evitare che si ripeta la confusione che si era creata lo scorso dicembre, quando una serie di dichiarazioni di vari esponenti del direttorio fecero lievitare molte aspettative sui mercati, che poi andarono deluse in assenza di conseguenti misure immediate e ne conseguì una certa volatilità. Non che i problemi non ci siano per la Bce. Nel corso del vertice Ue post voto Brexit, tramite indiscrezioni di stampa è circolata una stima, che sarebbe proprio dell’istituzione monetaria, secondo cui l’uscita del Regno potrebbe sottrarre mezzo punto di crescita all’area euro. Ma soprattuto “l’ondata di avversione al rischio post Brexit ha spinto i mercati sugli asset ritenuti più sicuri, riducendo sempre più l’ammontare di titoli acquistabili dalla Bce. Questo – avverte Valli – potrebbe creare problemi di colli di bottiglia che in qualche modo l’istituzione potrebbe dover affrontare”. Ma più nel medio termine che per l’immediato. Quindi per ora meglio evitare di complicarsi ulteriormente il quadro con dichiarazioni su cui il mercato stesso rischierebbe di costruirsi chissà quali attese. Invece, la crescente molte di acquisti di obbligazioni di società non bancarie, che rappresenta un nuovo filone del “Qe” della Bce, mostra “sicuramente volontà di dare segnale al mercato”. E più avanti, “tanto più si dovessero creare eventuali vincoli sui titoli di Stato – conclude Valli – tanto più si potranno spostare sull’obbligazionario privato”.

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