Campi Flegrei, da studio Ingv super-eruzioni dati su rischi Napoli

Campi Flegrei, da studio Ingv super-eruzioni dati su rischi Napoli
10 dicembre 2016

Nuove importanti informazioni sull’evoluzione e la storia eruttiva dei Campi Flegrei permettono di rivalutare in modo sostanziale la pericolosita’ vulcanica e degli stessi scenari eruttivi per la citta’ di Napoli. Questo grazie allo studio sull’evoluzione dell’attivita’ eruttiva nel settore orientale dei Campi Flegrei, avvenuta in ambienti talvolta subaerei e talvolta sottomarini, fino a circa 47.000 anni fa. Lo studio stratificato ha riguardato il pozzo del progetto Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP) realizzato dall’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia (OV-INGV) e pubblicato sulla rivista ‘Geochemistry, Geophysics, Geosystems’ dell’American Geophysical Union. L’articolo descrive la stratigrafia completa del pozzo (profondo 501 metri e localizzato a Bagnoli a ridosso della collina di Posillipo) e le analisi effettuate sui campioni di roccia estratti, in particolare le datazioni assolute con metodi radioattivi.

“Questo studio stratigrafico – spiega Giuseppe De Natale, dirigente di ricerca OV-INGV e coordinatore del progetto – ha permesso di ricostruire, nel tempo, l’evoluzione dell’attivita’ eruttiva in questo settore della caldera, fino a circa 47.000 anni fa. Le informazioni piu’ importanti sono state ricavate dal rinvenimento nel pozzo dei prodotti delle due eruzioni principali che si pensa abbiano formato la caldera: l’Ignimbrite Campana, di 39.000 anni fa, e il Tufo Giallo Napoletano, di 15.000 anni fa”. La posizione stratigrafica dei prodotti di queste due super-eruzioni, la notevole superficialita’ alla quale sono rinvenuti ed il loro limitato spessore, pongono forti vincoli sulla definizione dei limiti della caldera e sui meccanismi che hanno determinato sia il suo collasso durante le eruzioni piu’ esplosive che le ampie deformazioni lente del suolo durante la sua lunga dinamica. La caldera e’ infatti sede di deformazioni lente del suolo, il cosiddetto “bradisisma”, ben noto per le epoche recenti. Lo studio delle sequenze di rocce nella perforazione permette anche di indagare la dinamica del suolo piu’ antica.

In particolare, “mentre sino ad oggi – aggiunge De Natale – la quasi totalita’ della letteratura scientifica ipotizzava che la caldera dell’Ignimbrite Campana contenesse anche la parte centrale della citta’ di Napoli, i nuovi dati indicano chiaramente che la collina di Posillipo rappresenta il limite Orientale della caldera flegrea, sia per il Tufo Giallo Napoletano che per l’Ignimbrite Campana. L’identificazione di Posillipo come limite orientale della caldera per tutte le eruzioni di collasso rappresenta un’indicazione importantissima per determinare correttamente la pericolosita’ vulcanica nel centro cittadino. Inoltre, la notevole superficialita’ dei prodotti eruttivi delle eruzioni anche molto antiche implica che, nel settore orientale della caldera, il volume dei prodotti eruttivi e’ molto minore di quanto accade nel settore Occidentale, quindi evidenziando genericamente un minor impatto delle eruzioni nel settore est, negli ultimi 47.000 anni”. Queste nuove importanti informazioni sull’evoluzione, la storia eruttiva ed i limiti strutturali della parte orientale della caldera “permettono inoltre una sostanziale ri-valutazione della pericolosita’ vulcanica e degli stessi scenari eruttivi per la citta’ di Napoli”, conclude De Natale.

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it


Commenti