Cartabia: riforme per una giustizia che ripara e non si nutre d’odio

Cartabia: riforme per una giustizia che ripara e non si nutre d’odio
Marta Cartabia
20 gennaio 2022

Non sciabola ma fioretto. Si potrebbe rappresentare con questa immagine, presa in prestito dalla scherma, il metodo Cartabia per realizzare le riforme della giustizia con la ricerca del più ampio consenso possibile tra le forze politiche. Un metodo quasi obbligato per quanto è risultato sempre divisivo il ‘tema’ giustizia e allo stesso tempo in sintonia con la concezione di “una giustizia che ricuce e ripara; che non si nutre di odio, che non cede alla reazione vendicativa, ma che vive innanzitutto di ricerca di verità”, che la stessa ministra Cartabia ha detto di seguire come sua linea guida.

Un principio che la Guardasigilli ha rivendicato, con sobrietà, nella presentazione al Parlamento della Relazione sulla amministrazione della Giustizia. “Coltivare una idea della giustizia che sappia ricomporre i conflitti e preservare i legami personali e sociali, che sappia unire più che dividere; che tuteli i più fragili e tenda sempre all’interesse comune è quello che ho inteso perseguire in quest’anno (quasi) di servizio al ministero della Giustizia. Nella convinzione che questa è la più grande urgenza del nostro tempo e che questo è lo spirito che ci trasmette la nostra Costituzione”, ha spiegato la ministra.

BINOMIO EMERGENZA PANDEMIA E PNRR. L’anno della giustizia 2021 è stato guidato in larga misura dai due fattori di contesto che hanno dominato in tutto il “sistema paese”: la pandemia e la pianificazione Pnrr e la sua prima attuazione. Due elementi che da un lato hanno posto continui imprevisti, sfide e problemi, ma dall’altro hanno anche offerto una serie di opportunità e di spinte al cambiamento”.

RIFORME STRUTTURALI: Emergenze di oggi e piani per il futuro sono stati due distinti e congiunti livelli d’azione di questi mesi.
Mentre l’emergenza sanitaria premeva – ha ricordato la ministra – con tutte le sue imperiose criticità, “abbiamo messo a punto progetti e riforme strutturali a lungo termine, connessi agli obiettivi e alle opportunità offerte dal piano nazionale di ripresa e resilienza, in modo da avviare il nostro sistema giustizia verso le grandi linee di modernizzazione concordate con le istituzioni europee”.

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RIDUZIONE DURATA PROCESSI: “Il nostro orientamento è riportare i tempi della giustizia entro limiti di ragionevolezza. I principi della ragionevole durate de processo sono scritti pe risponere alla esigenza di chi attende un aparola di giustizia tempestiva percheè tempi lunghi rappresentano un vulnus per tutti”. L’impegno di ridurre del 40% il tempo medio di durata dei procedimenti del civile; e del 25% per il penale entro un arco temporale di cinque anni. “Questo è stato il punto di accordo dopo settimane di trattative con Bruxelles. Ad oggi, – ha sottolineato Cartabia in uno dei passaggi della Relazione – possiamo senza dubbio dire di aver conseguito – e invero superato – gli obiettivi previsti per il 31 dicembre 2021, che annoveravano l’approvazione delle leggi di delega in materia di processo civile e di processo penale; gli interventi in tema di insolvenza e l’avvio del reclutamento per l’Ufficio per il Processo”.

Le riforme approvate lo scorso anno dal Parlamento si innestano quindi “sulle solide e concrete fondamenta della ristrutturazione straordinaria della macchina amministrativa della giustizia, in vista del primario obiettivo della riduzione dei tempi dei processi e dell’arretrato”. Non è stato un percorso facile. “Conosco bene quanta fatica e quanta disponibilità – ha ricordato Cartabia – è stata chiesta a tutte le forze politiche per trovare un terreno su cui convergere. Queste riforme sono figlie del contesto straordinario in cui sono nate: di un Governo sostenuto da una maggioranza amplissima, di ‘unità nazionale’, con sensibilità al suo interno molto distanti sulla giustizia. Ma è sempre stata sorretta – ha aggiunto – dalla comune responsabilità per l’interesse del Paese. E questo ha sostenuto il cammino – a tratti complesso – delle riforme, nella ricerca si un’equilibrata sintesi. E di questo ringrazio davvero tutte le forze politiche”.

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FARE RIFORMA CSM: la ministra Cartabia ha poi ricordato che all’appello delle riforme della giustizia “manca ancora un altro fondamentale e atteso capitolo: la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm, che il Presidente della Repubblica e alcune forze politiche hanno ancora di recente sollecitato giustamente”. Il disegno di legge delega è già incardinato alla Camera su iniziativa del precedente Governo, e – come abbiamo fatto per tutte le altre riforme – intendiamo presentare emendamenti governativi”, ha spiegato Cartabia sottolineando che “gli emendamenti intervengono su vari aspetti del disegno di legge all’esame della Camera e riguardano, tra l’altro: il sistema elettorale, la composizione e il funzionamento del CSM; il conferimento degli incarichi direttivi, lpe valutazioni di professionalità, il collocamento fuori ruolo, il concorso per l’accesso in magistratura e il rapporto tra magistrato e cariche elettive”. L’auspicio che il ministro ha rivolto al Parlamento è che nelle prossime settimane si potrà “progredire nella scrittura anche di questo atteso capitolo di riforma, che il Pnrr ci impegna ad approvare entro il 2022”. “Continuerò a dare la mia massima disponibilità – ha sottolineato – per accelerare il corso di questa riforma e per sollecitarne l’esame da parte dei competenti organi del Governo”.

EMERGENZA CARCERI: Il primo e più grave tra tutti i problemi nelle carceri continua ad essere il sovraffollamento: ad oggi su 50.832 posti regolamentari, di cui 47.418 effettivi, i detenuti sono 54.329, con una percentuale di sovraffollamento del 114%. Il sofravvollamento nei penitenziari “è una condizione che esaspera – ha sottolineato la Guardiasigilli – i rapporti tra detenuti e rende assi più gravoso il lavoro degli operatori penitenziari, a partire da quello della polizia penitenziaria, troppo spesso vittima di aggressioni”. Sovraffollamento significa maggiore difficoltà a garantire la sicurezza e significa maggiore fatica a proporre attività che consentano alla pena di favorire percorsi di recupero”.

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“La pandemia ha fatto da detonatore di questioni irrisolte da lungo tempo. Questi anni sono stati durissimi. Le tensioni, le paure, le incertezze, l’isolamento che tutti abbiamo sperimentato erano e sono amplificati dentro le mura del carcere. Per tutti: per chi lavora in carcere e per chi in carcere sconta la sua pena. Se vogliamo farci carico fino in fondo dei mali del carcere – in primo luogo perché non si ripetano mai più episodi di violenza, ma più ampiamente perché la pena possa davvero conseguire la sua finalità, come prevista dalla Costituzione – occorre concepire e realizzare una strategia che operi su più livelli”, ha detto la ministra, tra cui “gli improcrastinabili investimenti sulle strutture penitenziarie, un’accelerazione delle assunzioni del personale, una più ricca offerta formativa per il personale in servizio e la diffusione dell’uso delle tecnologie, tanto per le esigenze della sicurezza, quanto per quelle del ‘trattamento’ dei detenuti”.

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