Catania, presenti “contemporaneamente in diverse sedute”. Imputazione per 34 consiglieri comunali

30 gennaio 2017

Presenti “contemporaneamente, e in modo anomalo e non conforme al vero, in diverse sedute, nello stesso giorno e alla stessa ora, in sedi distanti tra loro”. E’ l’accusa contestata dal presidente dell’ufficio del Gip di Catania, Nunzio Sarpietro, che ha disposto l’imputazione coatta di 34 consiglieri del Comune del capoluogo e di 17 segretari di sedute di Commissioni. I reati ipotizzati, a vario titolo, per fatti avvenuti nel 2014, sono truffa aggravata ai danni del Comune, abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. Il Gup Sarpietro, che ha rigettato una richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura, parla di “turbinio partecipativo dei consiglieri”, impegnati in una “affannosa corsa contro il tempo” con l’obiettivo di “procacciarsi un sostanzioso stipendio mensile di circa 1.500 euro netti, in aggiunta ai compensi loro spettanti”. Cinque posizioni archiviate. L’inchiesta era nata dall’acquisizione di un articolo del quotidiano La Sicilia che riportava segnalazioni di attivisti del M5s.

Il presidente dell’ufficio dei Gip di Catania, Nunzio Sarpietro, accogliendo la richiesta della Procura, ha disposto invece l’archiviazione del procedimento per cinque degli indagati: Marcello Gasparini, Flavio Giuffrida, Vincenzo Parisi, Nunzia Piazzi e Agatino Tringale. Nel provvedimento con cui dispone l’imputazione coatta di 51 persone, 34 consiglieri comunali e 17 segretari di sedute di commissioni, il Giudice per l’udienza preliminare sottolinea come dalle indagini della Polizia giudiziaria emerga “un desolante quadro di illegalità diffusa all’interno del quale i consiglieri e gli impiegati interessati si muovevano con totale disprezzo dei principi che regolano la materia, in un’ottica clientelare illecita ed ai limiti dell’arroganza”. Secondo il Gup era stata creata “una sorta di paludosa e confusa piattaforma amministrativa dove tutto era permesso e gli illeciti comportamenti sembrano costituire un normale incedere automatico nell’interesse non della Cosa pubblica, bensì dei singoli consiglieri indagati, protesi al raggiungimento di un fine economico del tutto personalistico”. Il Giudice rileva come “per i fogli firma” ci sarebbe stato “un tentativo goffo di adeguare gli orari” delle presenze dopo che era stata “resa pubblica la denuncia degli attivisti del Movimento 5 stelle”.

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