C’è il rischio che Trump non diventi presidente degli Usa. Ora spettarà ai grandi elettori decidere le sorti del miliardario

C’è il rischio che Trump non diventi presidente degli Usa. Ora spettarà ai grandi elettori decidere le sorti del miliardario
16 dicembre 2016

Grandi elettori alla ribalta, almeno fino al voto del collegio elettorale, lunedi’ 19 dicembre, ultima chance per impedire che il repubblicano Donald Trump diventi il 45esimo presidente degli Stati Uniti. Un’eventualita’ teoricamente possibile, almeno nelle intenzioni dei Padri costituenti che decisero di far eleggere il presidente americano con un sistema indiretto, istituendo un apposito collegio elettorale per evitare che la Casa Bianca venisse tributata ad un candidato “non qualificato”, in grado di conquistare il consenso delle masse “con il suo talento per il basso intrigo o piccole manovre per accaparrarsi popolarita’” quando “ben altre abilita’ e diverso merito dovra’ il candidato possedere per guadagnarsi la stima e la fiducia di tutta l’Unione”, per dirla con le parole di Alexander Hamilton, primo segretario al Tesoro americano, raffigurato sulle banconote da 10 dollari. In molti sostengono che il miliardario superstar dei reality show, con interessi economici e stretti legami con Paesi stranieri, corrisponda proprio al tipo di scenario che i Padri fondatori avevano immaginato quando hanno deciso di rinunciare all’elezione diretta da parte del popolo, affidandola ai grandi elettori.

LE STAR CONTRO TRUMP A cio’ si aggiunge il fatto che Hillary Clinton, rivale democratica di Trump alle presidenziali, ha vinto nel voto popolare, con uno scarto di 2,8 milioni di preferenze. Per questo motivo, oltre 4,3 milioni di americani hanno firmato una petizione sollecitando i grandi elettori a votare per la Clinton il prossimo 19 dicembre, quando e’ in calendario la riunione del collegio elettorale. Non solo. A ciò va sommato  l’appello (‘Non votate per Donald Trump’) lanciato da un gruppo di celebrita’ Usa ai grandi elettori del partito Repubblicano che dovranno esprimere il loro voto per il presidente eletto il prossimo 19 dicembre. Da Martin Sheen a Moby a Debra Messing, le personalita’ del mondo della musica e dello spettacolo che hanno firmato l’appello, secondo quanto riferisce la Bbc, sostengono che Trump e’ “inadatto a guidare il paese e chiedono al colegio elettorale che dovra’ designarlo di bloccare il suo arrivo alla Casa Bianca. Teoricamente il collegio elettorale dei grandi elettori repubblicani che designeranno il vincitore delle elezioni dell’8 novembre potrebbero farlo: se 37 grandi elettori non designassero Trump, la soglia dei 270 voti necessari per l’elezione alla Casa Bianca decadrebbe e dunque il candidato Repubblicano non verrebbe eletto. Ma si tratta di una ipotesi assolutamente accademica e politicamente irrealizzabile

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UN AFFARE QUASI FATTO La realta’ politica e’ che Donald Trump si insediera’ alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio, giorno dell’inaugurazione. Anche se non riuscisse a raggiungere i 270 voti necessari per assicurarsi la presidenza (cioe’ la maggioranza assoluta dei 538 delegati del collegio elettorale), l’elezione sara’ decisa dalla Camera dei Rappresentanti che e’ saldamente sotto il controllo dei partito repubblicano. Cioe’ a dire che se anche gli “elettori infedeli” spostassero la maggioranza assoluta dei loro voti su un candidato diverso da Trump, il Congresso avra’ il potere di “rettificare” il risultato del voto del collegio elettorale. Le riserve su Trump del Grand Old Party (Gop) sembra siano ormai state ampiamente superate dalla voglia di salire sul carro del vincitore – come dimostrato dalla sfilata dell’establishment alla sua corte – e dal manifestato interesse a portare avanti istanze fortemente conservatrici.

I TEMERARI DEL “MAI TRUMP” E LA CONTA DEGLI “ELETTORI INFEDELI” Cio’ nonostante, i temerari del “mai Trump” continuano a ritenere possibile il blocco della sua elezione, incitando il collegio elettorale ad ostacolarla. Trump vanta 306 grandi elettori contro i 232 della Clinton, in base al verdetto dell’Election Day dello scorso 8 novembre, riconteggio delle schede compreso. A fomentare il collegio elettorale sono in particolare gli “Hamilton”, un gruppo di grandi elettori che si richiama esplicitamente all’omonimo Padre fondatore. L’ultima conta evidenzia come almeno 8 grandi elettori democratici, rappresentativi di Colorado e Washington e un repubblicano (del Texas) si siano impegnati a votare per un candidato del Grand Old Party (Gop) “di compromesso”. La loro prima scelta e’ il governatore dell’Ohio, John Kasich, rivale di Trump alle primarie, ma che ha gia’ chiesto loro di non votare per lui. Oltre a lanciare lo loro campagna contro Trump, due ‘elettori Hamilton’ del Colorado hanno presentato ricorso contro la legge dello stato che gli impone di votare per il candidato che ha ottenuto piu’ preferenze. Simili ricorsi legali sono stati presentati in California e in Florida. In 26 stati americani gli “elettori infedeli” possono essere multati, rimpiazzati o addirittura mandati in carcere. I “ribelli” sostengono che la Costituzione stabilisce che siano i grandi elettori e non i votanti a dover decidere l’elezione del presidente. Lerry Lessing, professore di Harvard fondatore di Electors Trust (l’associazione anti-Trump che fornisce assistenza legale gratuita ai grandi elettori repubblicani che vogliano non votare Trump) sostiene che ve ne siano almeno 20 pronti a boicottarlo, contro gli almeno 37 franchi tiratori necessari per non ratificare l’elezione.

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IL “TRADITORE” DICHIARATO Secondo il Politico, il partito repubblicano ha ripetutamente sondato la fedelta’ dei “suoi” 306 grandi elettori, confermando che uno solo e’ pronto a “tradire”. Si tratta del texano Christopher Suprun: sulle colonne del New York Times ha annunciato che sosterra’ un altro candidato il prossimo 19 dicembre. Un altro texano Gop, Art Sisnerors, ha preferito dimettersi da grande elettore piuttosto che votare per Trump. In Texas, dove il presidente eletto si e’ facilmente aggiudicato i 38 grandi elettori in palio, non sono previste penali per chi decide di svincolarsi rispetto all’esito del voto popolare.

IL SILENZIO DI BILL CLINTON SUGLI HACKER RUSSI Sono 56 i grandi elettori – tutti democratici tranne un repubblicano – che hanno reclamato briefing dell’intelligence sulle interferenze di Mosca nel processo elettorale Usa. In una lettera aperta, inviata a James Clapper, direttore della National Intelligence che coordina 16 agenzie di spionaggio Usa, chiedono di essere informati prima del voto del prossimo 19 dicembre. Tra i primi 10 firmatari, la leader di minoranza alla Camera dei Rappresentanti, l’italoamericana Nancy Pelosi. Spicca l’assenza, tra i firmatari, dell’ex presidente Bill Clinton, marito di Hillary e grande elettore dello stato di New York.

IL VALORE SIMBOLICO Resistere all’elezione di Donald Trump, negandogli la maggioranza assoluta dei voti del collegio elettorale, avrebbe un forte valore simbolico, pur non impedendogli di arrivare alla Casa Bianca. Minerebbe la forza del suo mandato, osservano gli esperti, mettendo in luce la tenacia dei suoi oppositori.

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