Clima sempre teso nel Pd, Zingaretti chiede stop a polemiche ma glissa il congresso

Clima sempre teso nel Pd, Zingaretti chiede stop a polemiche ma glissa il congresso
Nicola Zingaretti
26 febbraio 2021

Nicola Zingaretti prova chiedere uno stop alle polemiche nel Pd, il leader democratico parla alla direzione convocata per discutere della questione femminile che si è aperta con la squadra di ministri dem tutta al maschile e di fatto rimanda all’assemblea nazionale del 13-14 marzo il confronto sulla linea politica e sul congresso. Il segretario, anzi, non cita proprio le assise chieste da Base riformista, da molti sindaci, dall’area di Matteo Orfini.

Zingaretti si limita a chiedere una “rigenerazione del Pd”, sollecita tutti a “scommettere sul partito” e solo nelle battute finali del suo intervento invoca “l’unità” per evitare che il partito diventi “una forza che implode e si allontana dalla vita delle persone”. Quindi, appunto, l’appello: “Se provassimo ogni tanto – fatemi dire con ironia: per sbaglio! – a non polemizzare su tutto, se riuscissimo a guardare alle cose concrete con un po’ più di laicità, tutto sarebbe più semplice”. Solo un passaggio, appunto, perché l’ordine del giorno era un altro. E della questione nessuno di fatto parla durante il dibattito successivo, tutto dedicato alla mancanza di donne tra i ministri Pd. Ma il vero termometro del clima nel Pd è il botta e risposta che va in scena fuori dalla direzione, sui giornali e poi sulle agenzie di stampa. Andrea Orlando, in una intervista al Quotidiano nazionale, dice chiaro e tondo quello che molti deputati vicini al segretario vanno mormorando da giorni: “Zingaretti ha lavorato e sta lavorando duramente in nome dell’unità, sebbene la sua generosità non sia sempre ripagata”.

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Il vicesegretario se la prende con quelli che definisce “rigurgiti di posizioni che guardano a un Pd del passato, improntato verso un centrismo non più al passo con i tempi”. Un dibattito che, per Orlando, non punta nemmeno al congresso anticipato (“Non lo vogliono”) e che ha un solo vero obiettivo, il “logoramento del gruppo dirigente”. I bersagli delle critiche sono fin troppo chiari, visto che ieri il sindaco di Bergamo Giorgio Gori aveva rimpianto la “vocazione maggioritaria” e il capogruppo in Senato Andrea Marcucci aveva parlato di “tornare allo spirito del Lingotto” dell’era Veltroni. Non a caso Marcucci è tra coloro che replicando ad Orlando dice: “Mi sembra che il ministro del Lavoro insegua delle ombre per precostituirsi degli avversari interni. Vorrei tranquillizzarlo, il nostro obiettivo infondo è lo stesso da anni, un Pd ampio e riformista”. E Dario Stefano invita il vicesegretario a “vedere meno film noir”.

Base riformista – racconta un esponente della corrente – ora dovrà decidere come presentarsi all’assemblea. La richiesta del congresso è sul tavolo e “molti sono per dare battaglia”, dice qualcuno riferendo gli scambi di opinioni sulle chat dell’area Guerini-Lotti. Ma, appunto, c’è da capire che partita giocare. Con i contagi in risalita e il probabile rinvio delle elezioni amministrative è difficile pensare ad un congresso prima di settembre-ottobre. E c’è anche da capire se Stefano Bonaccini – l’uomo su cui si punta per sfidare Zingaretti – sia pronto a lanciare la sfida. Anche per questo, probabilmente, dirigenti molto ascoltati come Goffredo Bettini da giorni stanno insistendo perché Zingaretti giochi d’anticipo e all’assemblea arrivi a proporre un congresso vero e proprio, anche sulla leadership, in tempi brevi. Anche in questo caso, però, bisognerà prima capire l’andamento dei contagi, perché certo è difficile immaginare i gazebo con mezza Italia in zona rossa o arancione.

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