Il Comitato del No pronti con i gazebo: Consulta deludente, petizione per proporzionale

Il Comitato del No pronti con i gazebo: Consulta deludente, petizione per proporzionale
10 febbraio 2017

Abolire il premio di maggioranza ed eliminare i capilista bloccati, per tornare ad un “impianto proporzionale” che garantisca anche la possibilità per gli elettori di scegliere “nominalmente” i propri rappresentanti in Parlamento. Sono gli obiettivi della raccolta firme in calce ad una petizione che promuoveranno i Comitati per il No al referendum sulla riforma della Costituzione, trasformatisi per l’occasione in “Comitati per la democrazia costituzionale”. L’obiettivo, il “numero magico” spiega Vincenzo Vita, sarebbe 500mila firme. Ovvero la soglia fallita in occasione del referendum sulla riforma Boschi. L’iniziativa è stata presentata a Montecitorio, e spiegata in primo luogo da Domenico Gallo: “Eliminazione del premio di maggioranza che altera la genuinità del responso elettorale e corrompe la rappresentanza. Eliminazione dei capilista bloccati, perchè con il sistema attuale la maggior parte dei partiti eleggerà il 100% dei propri rappresentanti attraverso i capilista. E siccome purtroppo i partiti non sono più una collettività di intellettuali ma strutture di potere, ci troviamo in una condizione patologica della democrazia: chiediamo di riaprire le porte del Parlamento e scegliere nominalmente i rappresentanti”.

IL VULNUS Anche dopo la sentenza della Consulta, che i promotori dell’iniziativa giudicano “insoddisfacente”, resta infatti, spiega Alfonso Gianni, il “vulnus” rispetto al principio dell’uguaglianza dei cittadini determinato dalla previsione del premio di maggioranza ad una soglia “irragionevole” e “spropositata” come quella del 40%. Così come, osserva Massimo Villone, resta in piedi anche “il pilastro dei capilista bloccati”. Le motivazioni insomma “non possiamo considerarle con favore perchè riteniamo che non mettano solidi paletti a difesa del sistema demcoratico”. Ecco perchè l’avvocato Anna Falcone spiega che “andiamo avanti con i ricorsi ancora pendenti davanti a tanti Tribunali in tutta Italia. Ci sono altre questioni da portare alla Corte, faremo di tutto per provocare un ulteriore pronunciamento. In particolare con l’udienza del 28 febbraio al tribunale di Roma”. Un “doppio binario”, quindi, “giurisdizionale e di pressione democratica”, per ottenere che l’esito del referendum del 4 dicembre sia pienamente rispettato: “L’approccio dei partiti sembra ancora quello di garantire il potere nelle istituzioni di una minoranza. Non ci siamo. Va cambiato radicalmente, spostando il dibattito sulla nuova legge elettorale verso “modelli alternativi: rinunciare ad ogni forma di premio maggioritario, perchè la governabilità può essere ottenuta con altri meccanismi; e rinunciare ai capilista bloccati”. La soluzione, per i promotori, è il ritorno ad un impianto proporzionale, tanto più che gli ultimi decenni di elezioni con sistemi maggioritari hanno in realtà prodotto “trasformismo e frammentazione”, oltre ad “una serie di riforme fatte da governi di una minoranza: ognugno si fa la sua riforma, che cambia poi nella legislatura successiva”. Insomma, conclude Vita, “bisogna evitare che la prossima legge elettorale possa contribuire ad un inquinamento della rappresentanza, che è già in atto, con una involuzione autoritaria”. Partendo dal referendum del 4 dicembre che “ci ha detto che i cittadini chiedono una scrupolosa attenzione alla Costituzione, che deve essere seguita anche dalla legge elettorale”.

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MOTIVAZIONI DELLA CONSULTA l ballottaggio, cosi’ come configurato dall’Italicum, rischia di “comprimere eccessivamente il carattere rappresentativo dell’assemblea elettiva e l’eguaglianza del voto”. Lo scrive la Consulta nelle motivazioni della sentenza sulla legge elettorale. “Una lista – spiega infatti la Corte – puo’ accedere al turno di ballottaggio anche avendo conseguito, al primo turno, un consenso esiguo, e ciononostante ottenere il premio, vedendo più che raddoppiati i seggi che avrebbe conseguito sulla base dei voti ottenuti al primo turno”. Da tali disposizioni dunque si produce “un effetto distorsivo” analogo a quello individuato dalla Consulta nella sentenza contro il Porcellum. “Il legittimo perseguimento dell’obbiettivo della stabilita’ di Governo – prosegue la Consulta – di sicuro interesse costituzionale, provoca in tal modo un eccessivo sacrificio dei due principi costituzionali ricordati”.

Infatti la Corte riconosce l’esigenza di indicare con chiarezza “quale sia la parte politica destinata a sostenere, in prevalenza, il governo del Paese”, ma “tale obbiettivo non puo’ giustificare uno sproporzionato sacrificio dei principi costituzionali di rappresentativita’ e di uguaglianza del voto, trasformando artificialmente una lista che vanta un consenso limitato, ed in ipotesi anche esiguo, in maggioranza assoluta”. E ancora: “il perseguimento della finalita’ di creare una maggioranza politica governante in seno all’assemblea rappresentativa, destinata ad assicurare (e non solo a favorire) la stabilita’ del governo, avviene a prezzo di una valutazione del peso del voto in uscita fortemente diseguale, al fine dell’attribuzione finale dei seggi alla Camera”. La Consulta inoltre ricorda esempi simili di ricorso al ballottaggio, ma con importanti distinguo: “Il turno di voto qui ‘scrutinato con premio assegnato all’esito di un ballottaggio in un collegio unico nazionale con voto di lista’ non può essere accostato alle esperienze, proprie di altri ordinamenti, ove al ballottaggio si ricorre, nell’ambito di sistemi elettorali maggioritari, per l’elezione di singoli rappresentanti in collegi uninominali di ridotte dimensioni”.

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“In casi del genere – prosegue la Corte – trattandosi di eleggere un solo rappresentante, il secondo turno è funzionale all?obbiettivo di ridurre la pluralità di candidature, fino ad ottenere la maggioranza per una di esse, ed è dunque finalizzato, oltre che alla elezione di un solo candidato, anche a garantirne l’ampia rappresentatività nel singolo collegio. Appartiene invece ad una logica diversa ‘presentandosi quale istanza risolutiva all’interno di una competizione elettorale selettiva fra le sole due liste risultate più forti, nell’ambito di un collegio unico nazionale’ l’assegnazione di un premio di maggioranza, innestato su una formula elettorale in prevalenza proporzionale, finalizzato a completare la composizione dell’assemblea rappresentativa, con l’obbiettivo di assicurare (e non solo di favorire) la presenza, in quest’ultima, di una maggioranza politica governante. Se utilizzato in un tale contesto, che trasforma in radice la logica e lo scopo della competizione elettorale (gli elettori non votano per eleggere un solo rappresentante di un collegio elettorale di limitate dimensioni, ma per decidere a quale forza politica spetti, nell?ambito di un ramo del Parlamento nazionale, sostenere il governo del Paese), un turno di ballottaggio a scrutinio di lista non può non essere disciplinato alla luce della complessiva funzione che spetta ad un’assemblea elettiva nel contesto di un regime parlamentare”.

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