Consulta boccia la legge ad hoc per De Luca: “Il terzo mandato è incostituzionale”

Vincenzo De Luca

Vincenzo De Luca

La Corte Costituzionale ha messo la parola fine a un braccio di ferro politico-giuridico che teneva banco da mesi, dichiarando incostituzionale la legge campana che apriva le porte a un terzo mandato consecutivo per Vincenzo De Luca. La decisione, emessa oggi dopo una lunga udienza, non lascia spazio a interpretazioni: il divieto del terzo mandato previsto dalla legge nazionale del 2004 è un principio cardine della democrazia italiana e non può essere aggirato con “toppe regionali”.

Il caso campano: quando la legge si piega al politico

L’articolo 1 della legge regionale n. 16 del 2024 era chiaro nel suo intento: azzerare il contatore dei mandati a partire dalla sua entrata in vigore, permettendo così a De Luca di candidarsi nuovamente. Un escamotage che, secondo i giudici della Consulta, rappresentava una violazione lampante dell’articolo 122 della Costituzione. Il legislatore regionale, infatti, deve muoversi entro i confini tracciati dallo Stato, rispettando i principi fondamentali stabiliti a livello nazionale.

“Un colpo di spugna alla regola del terzo mandato”, lo ha definito la Consulta, ribadendo che il limite dei due mandati consecutivi è un pilastro imprescindibile per garantire il ricambio democratico e prevenire derive autoritarie. Insomma, una sentenza che non ammette repliche: la Costituzione vale per tutti, senza eccezioni.

Le reazioni

Vincenzo De Luca non ha perso tempo a commentare la sentenza, scegliendo toni ironici e pungenti. “Accolta una tesi strampalata”, ha tuonato, accusando implicitamente la Corte di aver ceduto a pressioni politiche. “Ci sarà molto lavoro per gli imbianchini”, ha aggiunto sarcasticamente, riferendosi all’idea che ora si dovrà cancellare ovunque la scritta ‘la legge è uguale per tutti’. Una battuta che sa di sfida, ma che non cambia la sostanza: il terzo mandato per lui è definitivamente fuori discussione.

Dall’altra parte della barricata, le opposizioni hanno accolto la decisione con soddisfazione. Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia, ha ironizzato sull’ipotesi di una successione dinastica, suggerendo che De Luca potrebbe candidare un figlio. “Morto il re, viva il re”, ha scherzato, salutando la sentenza come un passo avanti per la democrazia. Mara Carfagna, segretario di Noi Moderati, ha invece optato per un tono più serio: “Le leggi si rispettano, non si aggirano con trucchi o espedienti”.

Parole che suonano come un monito chiaro per chiunque pensasse di seguire l’esempio campano. Anche Maurizio Lupi, presidente di Noi Moderati, ha voluto sottolineare l’importanza della decisione: “Gli organi di governo eletti direttamente dai cittadini devono avere un limite di mandati. È una garanzia adottata da tutti i sistemi democratici, prevista anche dalla riforma sul premierato”. Un richiamo all’ordine che mette nero su bianco il principio di alternanza, fondamento di ogni democrazia moderna.

Veneto e altre regioni: effetto domino?

La sentenza non riguarda solo la Campania. L’eco della decisione si fa sentire anche in altre Regioni, come il Veneto, dove il presidente Luca Zaia ha criticato duramente la Consulta. “Appare evidente che dietro certe posizioni si celino motivazioni politiche”, ha dichiarato Zaia, suggerendo che la normativa nazionale sia utilizzata come uno strumento per impedire la rielezione di alcuni candidati. Un’accusa pesante, che però non trova riscontro nella logica della sentenza, universalmente applicabile e non personalizzata.

Democrazia e limite dei mandati: un dibattito senza fine

La decisione della Corte riporta al centro del dibattito il tema del limite dei mandati e del suo ruolo nella salvaguardia della democrazia. Da una parte, il divieto del terzo mandato è visto come una garanzia contro l’accumulo di potere personale; dall’altra, alcune voci criticano questa rigidità, sostenendo che spetti agli elettori decidere chi vogliono come governatore, indipendentemente dal numero di mandati già svolti.

Resta da vedere se la sentenza possa innescare un ripensamento più ampio della normativa vigente o se, al contrario, si configurerà come un punto fermo difficilmente superabile. Di certo, la questione sollevata dal ministro Roberto Calderoli – sulla legittimità costituzionale della legge del 2004 – potrebbe aprire nuovi scenari per il futuro.

La parola passa agli elettori

La sentenza della Consulta segna la fine di un capitolo controverso, ma lascia aperte molte domande. Per Vincenzo De Luca, si chiude definitivamente la porta verso un terzo mandato, mentre per la politica italiana si apre un dibattito più ampio sui limiti dei mandati e sul loro ruolo nel garantire una democrazia equilibrata e inclusiva. Come sempre, la parola finale spetta agli elettori, chiamati a scegliere tra continuità e cambiamento.
Insomma, un verdetto che fa rumore e che, probabilmente, farà discutere ancora a lungo.