Conte da Mattarella ma non si dimette. Si va alla conta in Parlamento

Conte da Mattarella ma non si dimette. Si va alla conta in Parlamento
Giuseppe Conte
14 gennaio 2021

Giuseppe Conte non si dimette, assume l’interim dell’Agricoltura e assicura al presidente della Repubblica che al più presto si recherà in Parlamento per “l’indispensabile chiarimento” a seguito delle dimissioni della delegazione di Italia Viva. È quanto riferisce una nota del Quirinale, dopo che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto questo pomeriggio al palazzo del Quirinale il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte. Il presidente della Repubblica, si legge nella nota, “ha firmato il decreto con il quale, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, vengono accettate le dimissioni rassegnate dalla sen. Teresa Bellanova dalla carica di ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali – il relativo interim è stato assunto dal presidente del consiglio dei ministri -, dalla prof. Elena Bonetti dalla carica di ministro senza portafoglio e dall`on. Ivan Scalfarotto, sottosegretario di Stato”.

Il presidente del Consiglio ha quindi “illustrato al presidente della Repubblica la situazione politica determinatasi a seguito di tali dimissioni ed ha rappresentato la volontà di promuovere in Parlamento l`indispensabile chiarimento politico mediante comunicazioni da rendere dinanzi alle Camere”. Il presidente della Repubblica, si conclude la nota del Colle, “ha preso atto degli intendimenti così manifestati dal presidente del Consiglio dei ministri”. Intanto, Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti tagliano fuori Matteo Renzi da un eventuale Conte ter. Il gesto dell’ex premier fiorentino viene definito dal ministro degli Esteri M5s “irresponsabile”, un gesto che “divide definitivamente le nostre strade”. Non è più tenero il segretario del Pd Zingaretti che, parlando all’esecutivo politico del partito, definisce Iv inaffidabile “in qualsiasi scenario e in una nuova possibile ripartenza”. Parole che aprono la strada a una nuova maggioranza di “costruttori europei” come li definisce Di Maio ma che escludono la destra sovranista di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, come ci tiene a ribadire Zingaretti. “Di Maio non sia criptico, la sinistra ci dica cosa vuole”, ammonisce il vicepresidente Fi Antonio Tajani arrivando al vertice con i leader del centrodestra.

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E allora? Sembra non perdere quota la ricerca di un gruppo parlamentare di “responsabili” che dia a Conte i voti che Iv gli farà mancare soprattutto al Senato dove i numeri del Conte II sono sempre stati risicati. Franco Mirabelli, vicecapogruppo Pd a Palazzo Madama, non la esclude: “Non escludo niente. Escludo un governo tecnico che altro non farebbe che vivacchiare quando il Paese ha bisogno di altro”. L’operazione di costruzione di una nuova maggioranza al Senato sembra ancora acerba tanto che Pd, M5s e Leu in conferenza dei capigruppo, associandosi alla richiesta del centrodestra di parlamentarizzazione della crisi, confidano che il premier si presenti in Parlamento non subito come chiede l’opposizione bensì la settimana prossima, dopo il voto sullo scostamento di bilancio, alla Camera già calendarizzato per il 20 gennaio. Davide Faraone, presidente dei senatori renziani, durante la conferenza dei capigruppo, si è schierato col centrodestra nel pretendere che l’avvocato del popolo informi il Parlamento sulla crisi il prima possibile twittando a riunione ancora in corso: “C`è una crisi, due ministre si sono dimesse e il premier non vuole andare oggi al Colle e non vuole venire in Senato. C`è ancora una Costituzione in questo Paese o un DPCM l`ha cancellata?”.

Conte per ora tace. Questa sera alle 20,30 ci sarà un Consiglio dei ministri sullo scostamento di bilancio ma le intenzioni del premier non sono chiare. Le strade sono diverse: una informativa – non oggi – ma a breve sulla situazione del governo senza un voto; comunicazioni dopo aver incassato il voto sullo scostamento (che comunque l’opposizione – parola del vicepresidente del Senato Ignazio La Russa – ha assicurato voterebbe anche a crisi aperta) e richiesta di fiducia; formalizzazione della crisi senza passare dalle Camere rassegnando le dimissioni nelle mani del capo dello Stato Sergio Mattarella che a quel punto entrerebbe pienamente in gioco. E a quel punto non è detto che il ‘veto’ di Di Maio e Zingaretti su Italia viva resterebbe in piedi. Dal canto loro i renziani continuano a dirsi disponibili ad aprire un confronto: “Le mie dimissioni sono lo spazio perchè il tavolo per riprogettare il Paese, sempre rimandato, finalmente si apra. Non si può più rimandare, proprio perchè siamo in crisi bisogna agire, il tema non è Conte ma la risposta politica”, ha detto la ministra dimissionaria per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti a Radio 24.

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