Conte in Parlamento sul Mes, scontro con Salvini: “Lega sapeva”. L’ex ministro: “Si vergogni”

2 dicembre 2019

Una giornata di appassionata rivendicazione del percorso compiuto come presidente del Consiglio di due diversi governi: è quella del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha svolto due informative fotocopia, su testo rigorosamente scritto, alla Camera e al Senato, a proposito del negoziato europeo sulla riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità. “L’Italia, da me rappresentata, si è espressa in sede europea – ha sottolineato – in maniera perfettamente coerente con il mandato ricevuto da questo Parlamento”. “Mi sembra quasi superfluo confermare a quest’aula – ha detto il premier – un fatto di tutta evidenza, ossia che né da parte mia né da parte di alcun membro del mio governo si è proceduto alla firma di un trattato ancora incompleto”. Nel merito, Conte ha contestato le preoccupazioni dei critici, che si annidano anche nella sua maggioranza, nel M5S: nessun automatismo sulla ristrutturazione del debito dei Paesi che eventualmente faranno ricorso al Mes, “il nuovo trattato – ha spiegato – non modifica affatto la disciplina”. Quanto all’ipotesi che il fondo possa mettere in difficoltà l’economia nazionale, “abbiamo cercato e ottenuto – ha aggiunto – regole vantaggiose per l’Italia”, anche “nel remotissimo caso in cui” dovesse fare ricorso ai fondi Mes.

Ma l’asse del suo ragionamento, corredato di una puntigliosa cronologia e da fitte citazioni delle sedute parlamentari, è stato centrato sulla ricostruzione della vicenda e quindi sullo scontro frontale con le opposizioni che lo hanno accusato di “tradimento”, in particolare la Lega, partner nel Conte 1. Se le accuse fossero vere “mi dovrei dimettere all’istante”, ha ammesso, ma siccome “nessuno può insinuare velatamente l’idea” che il negoziato “sia stato condotto segretamente o, peggio, firmato nottetempo”, allora nel mirino di Conte è finto ancora una volta Matteo Salvini, leader della Lega. Se fosse dimostrato che chi ha mosso le accuse nei suoi confronti “era ben consapevole della loro falsità, avremmo la prova – ha detto Conte – che chi ora è all’opposizione e si è candidato a governare il Paese con pieni poteri, sta dando prova, e purtroppo non sarebbe la prima volta, di scarsa cultura delle regole e della più assoluta mancanza di rispetto delle istituzioni”. “Non rispondo agli insulti”, gli ha poi replicato Salvini in Senato, citando Confucio per dargli dell’arrogante e concludendo con un sonoro “si vergogni!”.

“Tutto quanto – ha rivendicato il capo del governo – avveniva sui tavoli europei, a livello tecnico e politico, era pienamente conosciuto dai membri del primo Governo da me guidato”. Citando i verbali del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2019 ha affermato che “nessuno dei ministri presenti, compresi quelli della Lega, ha mosso obiezioni sul punto e, in particolare, sulla relazione da presentare alle Camere. Entrambe le relazioni sono state presentate alle Camere e approvate definitivamente dal Parlamento dopo una ampia discussione sviluppatasi nel corso di diverse sedute delle commissioni”. Insomma, le polemiche sono “strumentali”, le opposizioni “irresponsabili”, Conte prosegue nel suo lavoro di costruzione di un profilo politico personale molto caratterizzato dallo scontro con la Lega e in seconda battuta con Giorgia Meloni di FdI, per le cui accuse si è detto “sorpreso”. Ma in casa della maggioranza come vanno le cose? Ci sono degli screzi con Luigi Di Maio, che ha chiesto apertamente che il Mes sia cambiato? “Assolutamente no”, tutto il Governo lavora “per migliorarlo” e “quindi assolutamente, cosa c’entra Di Maio?”, ha detto infine Conte lasciando palazzo Madama.

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