Crowdfunding flop: la pista dei soldi dietro il fallito passaggio di Grillo ai liberali europei

Crowdfunding flop: la pista dei soldi dietro il fallito passaggio di Grillo ai liberali europei
Davide Casaleggio
11 gennaio 2017

Follow the money, segui il denaro: la frase scolpita nel film “Tutti gli uomini del presidente” e attribuita a Gola profonda, la fonte che svelò lo scandalo Watergate, può essere una traccia che aiuta a interpretare anche le recenti mosse di Beppe Grillo e del Movimento 5 stelle sullo scenario europeo. Più grosso il gruppo, più risorse: è questa la regola del Parlamento europeo. E anche se non confermate, a Bruxelles sono considerate credibili le analisi circolate in questi giorni, secondo le quali il fallito passaggio di M5S dal gruppo Efdd del “brexiteer” Nigel Farage all’Alde del turboeuropeista Guy Verhofstadt avrebbe portato maggiori introiti nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro.

MULTA PER CHI TRADISCE Il M5S ha stabilito regole precise per i parlamentari nazionali (che devono restituire metà dell’indennità e la parte di diaria non spesa), agli eurodeputati ha concesso il guinzaglio lungo sui compensi. Anche se minaccia – lo ha fatto in queste ore Grillo contro Marco Affronte, transfuga nei Verdi europei – una supermulta per chi “tradisce”, il Movimento impone agli europarlamentari solo un piccolo contributo mensile personale di mille euro per le spese della comunicazione. La composizione del gruppo di lavoro sulla comunicazione, nel testo originario del codice di comportamento, era previsto fosse indicata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, il cofondatore sostituito dal figlio Davide nei compiti relativi alla supervisione organizzativa e comunicativa del M5S. A Bruxelles si mormora però, sul livello eccessivo degli stipendi dei funzionari del gruppo spediti in Ue da Casaleggio.

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FINANZIAMENTI PARTITI Al netto dell’interpretazione “politica” (il tentativo costruire un’immagine più rassicurante e moderata prendendo le distanze dagli euroscettici), la traccia del denaro, nella vicenda Alde-Efdd, non può essere trascurata. E qui viene in soccorso un dato di fatto forse trascurato negli ultimi tempi. Avendo rifiutato di adeguare le proprie regole interne per poter concorrere alla distribuzione dei finanziamenti pubblici ai partiti (comunque riformati e ridefiniti), il Movimento 5 stelle ha scelto, almeno entro i confini nazionali, l’autofinanziamento. Con quale strumento? Quello principale è la piattaforma Rousseau, on line dall’estate scorsa, sede virtuale anche della costruzione collettiva di programmi e proposte di legge.

LA CROWDFUNDING La pagina crowdfunding di Rousseau, alla quale si accede facilmente dal blog di Beppe Grillo, espone però un risultato piuttosto modesto: i donatori all’11 gennaio 2017 sono 12.047, per una somma complessiva di 374.696 euro. Se si tiene conto che di norma per la sola manifestazione annuale “Italia a 5 stelle” l’obiettivo di raccolta è fissato a mezzo milione di euro, l’esito del crowdfunding (che tuttavia prosegue) non può non aver preoccupato i vertici organizzativi del M5S. Se si conta che gli ultimi dati resi pubblici dal blog in occasione di una delle passate votazioni parlavano di oltre 130mila iscritti certificati, che la media delle ultime votazioni on line ha visto la partecipazione di 40mila attivisti, e che gli elettori del M5S erano 8.689.458 in Italia e 95.041 nella circoscrizione estero alle elezioni politiche del 2013 e 5.807.362 (compresi gli elettori all’estero) alle europee del 2014, il salto nel nulla dei 12mila sottoscrittori in sei mesi appare come un campanello d’allarme troppo forte per non pensare, appunto, “follow the money”.

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