Da Chatterjee a Krebs, il repulisti post-elettorale dello sconfitto Trump

Da Chatterjee a Krebs, il repulisti post-elettorale dello sconfitto Trump
Donald Trump
18 novembre 2020

Il direttore della Cybersecurity and Infrastructure Security Agency, Chris Krebs, è l’ultima vittima di Donald Trump. Licenziato per avere sostenuto la regolarità delle elezioni presidenziali del 3 novembre. Una decisione che Krebs si attendeva da giorni, per sua stessa ammissione, non avendo seguito il presidente uscente nelle sue accuse – senza prove – di irregolarità del voto. Magra consolazione: l’esperto americano di sicurezza informatica è in buona compagnia. Dopo la sconfitta elettorale a vantaggio di Joe Biden, Trump ha infatti scelto di fare piazza pulita tra alcuni dei suoi principali collaboratori, modificando in particolare l’assetto apicale del Pentagono. Una scelta che fonti interne allo stesso Pentagono hano definito “mosse da dittatore”.

Ma il primo ad essere fatto fuori è stato il capo della Commissione Federale per l’Energia (FERC), Neil Chatterjee, sostituito con l’avvorato repubblicano James Danly, da tempo impegnato sui temi legati ad energia e ambiente. Chatterjee, pur repubblicano, è stato sempre una figura indipendente nell’amministrazione Usa, favorevole a dare un prezzo alle emissioni di carbonio, che aumenta i costi dell’energia derivata dai combustibili fossili dopo la loro combustione ma può essere impiegato per ripagare l’impatto ambientale. Danley, da parte sua, è invece contrario alla posizione del predecessore. In un’intervista con il Washington Examiner, Chatterjee ha suggerito che proprio questa potrebbe essere stata la ragione della sua estromissione.

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A uscire per primo dal Pentagono è stato invece l’ex segretario alla Difesa Mark Esper, rimpiazzato da Christopher Miller, direttore del Centro antiterrorismo nazionale. Esper ha pagato soprattutto la sua ferma opposizione all’impiego dei militari con funzioni di polizia durante le proteste originate all’interno della comunità afroamericana contro il razzismo perpetrato verso le persone di colore. Ma l’ormai ex capo del Pentagono aveva anche ripetutamente espresso le sue perplessità sul rapido ritiro delle truppe Usa da Iraq e Afghanistan, così come deciso da Trump. Poco dopo l’uscita di Esper è arrivata la notizia delle dimissioni (molto spinte) di James Anderson, che al Pentagono aveva la delega per gli Affari politici.

Un incarico che Trump ha affidato al controverso Anthony Tata, più volte accusato in passato di commenti islamofobici e offensivi, nonché di avere promosso varie teorie del complotto (nel 2018 aveva affermato che Barack Obama era “un leader terrorista” che ha agito per danneggiare gli Stati Uniti e “aiutare i paesi islamici” più “di qualsiasi presidente nella storia”). Nel giro di qualche ora ha poi lasciato il suo incarico al Pentagono anche il vice ammiraglio in pensione Joseph Kernan, sottosegretario alla Difesa con delega all’Intelligence. Ancora oggi resta poco chiaro se Kernan si sia dimesso, sotto pressione, o sia stato cacciato da Trump. Di certo, la sua partenza è stata accelerata. E anche in questo caso il presidente uscente non ha perso tempo a rimpiazzarlo con Ezra Cohen-Watnick. “Tutto questo è spaventoso e molto inquietante”, ha commentato in quei giorni una fonte del Pentagono, facendosi portavoce della grande preoccupazione tra i funzonari della Difesa Usa per le ulttime decisioni dell’inquilino della Casa Bianca.

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Chris Krebs, cacciato ieri, è dunque l’ultimo in ordine di tempo ad essere stato licenziato da Trump. Krebs aveva, tra gli altri, il delicato compito di bloccare possibili intrusioni di hacker nazionali e stranieri nell’immenso apparato elettorale di smistamento e conteggio dei voti. E dopo la chiusura dei seggi aveva dichiarato che le elezioni del 3 novembre erano state “le più sicure della storia” americana. Trump, che ancora oggi non accetta la sconfitta, è intervenuto alla sua maniera, annunciando la sua decisione su Twitter. Cacciato “con effetto immediato”. “Le recenti dichiarazioni di Chris Krebs sulla sicurezza delle elezioni 2020 sono state estremamente imprecise”, perché “ci sono state massicce irregolarità e frodi – tra cui il voto di persone morte e gli errori delle macchine elettorali…”, ha spiegato il presidente per giustificare la suua decisione senza appello. askanews

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