Distrofie retiniche, la ricerca apre nuovi orizzonti terapeutici

15 ottobre 2019

Nuovi orizzonti terapeutici per combattere le patologie della retina, grazie alla ricerca scientifica. Dei traguardi raggiunti se ne è parlato a Milano, nel corso del convegno ‘Distrofie retiniche – le risposte della ricerca e il contributo del paziente’ organizzato da Retina Italia onlus. Al centro del dibattito patologie che colpiscono nell’infanzia e nell’adolescenza, riducendo il campo visivo fino alla cecità. Assia Andrao, presidente dell’associazione Retina Italia Onlus, aiuta i pazienti a superare lo choc iniziale della diagnosi. “Noi come associazione cerchiamo di spiegare, informare sulla ricerca scientifica sia sulle possibilità che loro hanno nell’affrontare la patologia. Oggi con la tecnologia moderna molti problemi si sono risolti grazie a telefoni che parlano o ai computer. Non c’è più sempre bisogno che qualcuno aiuti e questo permette quell’autonomia che soprattutto i giovani ricercano per affrontare questa patologia”.

Nel futuro di Retina Italia Onlus c’è la volontà di creare gruppi di lavoro per comunicare direttamente con i pazienti, con il supporto di psicologi e genetisti per affrontare una malattia che si manifesta presto e cambia nel tempo. Francesca Simonelli, professore ordinario di Oftalmologia dell’Università della Campania-Luigi Vanvitelli di Napoli. “La caratteristica di queste malattie è che purtroppo sono progressive e quindi nel corso degli anni conducono a un rallentamento della visione con una perdita della vista intorno ai 40-50 anni, nell’età adulta. Purtroppo oggi non esistono delle terapie efficaci. Per la prima volta è possibile sperimentare dei farmaci per esempio nella malattia di Stargardt che è una malattia genetica della macula. E poi c’è stato di recente l’approvazione del farmaco Luxturna per la cura di una forma di retinite pigmento legata a un gene che si chiama Rpe65. Una terapia approvata negli Stati Uniti, in Europa e pronta nei prossimi mesi a essere utilizzata in Italia”. Nelle sperimentazioni, ha rivelato il docente, sono stati riscontrati miglioramenti dei pazienti, con risultati maggiori nei pazienti più piccoli con grado di degenerazione inferiore.

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