Effettuare controlli sulla parità salariale, in Islanda è legge

1 febbraio 2018

L’Islanda è il primo paese al mondo ad avere introdotto una legge che chiede ai datori di lavoro di dimostrare concretamente la parità salariale fra i dipendenti dei due sessi, pena la multa. Da questo gennaio 2018 le aziende islandesi devono provare, con adeguata documentazione presentata regolarmente, che gli stipendi erogati a uomini e donne sono gli stessi a parità di mansione. La più grande banca del paese Landsbankinn, statalizzata nel 2008 durante la pesante crisi finanziaria del paese, ha già iniziato con un investimento di 120.000 euro ad adempiere a questa normativa, approvata nel marzo 2017. Elisabet Bjornsdottir, 34 anni, che lavora per il dipartimento del tesoro dell’istituto finanziario, spiega: “E’ uno strumento interessante che possiamo utilizzare per tentare di eliminare il gap. Sono pienamente a favore, speriamo possa aiutarci”. “Credo che una delle ragioni fondamentali per cui abbiamo bisogno di questa legge è perché non è qualcosa che capisci o si vede chiaramente. Si può avere l’impressione di essere pagate meno, ma è difficile da provare”. L’ex ministro degli affari sociali e della parità di genere, che ha proposto la legge, Thorsteinn Viglundsson: “Il pensiero che sta dietro alla norma dell’equo stipendio rovescia la responsabilità, perché spetta all’azienda provare che non sta discriminando i suoi dipendenti. Chiaro che si può criticare questo rovesciamento della giustizia, ma si tratta di diritti umani, di essere pagati e trattati in modo equo”. In Italia attualmente la disparità salariale per genere risulta a seconda degli strumenti di calcolo più o meno nella media europea, ma il problema è che la disoccupazione femminile resta altissima, con solo 4 donne occupate su 10, e molte lavoratrici obbligate al part time non volontario.

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