Europa e Medio Oriente, il primo viaggio da presidente di Trump

Europa e Medio Oriente, il primo viaggio da presidente di Trump
19 maggio 2017

La maggior parte dei presidenti degli Stati Uniti ha scelto, come primo viaggio all’estero, un breve passaggio in un Paese vicino, come il Canada o il Messico. Anche su questo, Donald Trump ha dimostrato di voler essere diverso, preferendo un fitto programma composto in otto giorni, tra Europa e Medio Oriente, durante i quali toccherà argomenti di primaria importanza per Washington. Oggi, il presidente settantenne, il più anziano a insediarsi alla Casa Bianca, partirà per un viaggio che testerà la resistenza di un’amministrazione già messa alla prova dalle turbolenze create dai presunti legami tra alcuni membri della campagna elettorale del presidente e il Cremlino. “Non c’è mai stato un presidente al primo viaggio internazionale così toccato dagli scandali” ha commentato Larry Sabato, a capo del Center for Politics dell’Università della Virginia, parlando con la Cnbc. “È già un presidente visto con scetticismo da buona parte del mondo”. Testerà, anche, la resistenza fisica del presidente e le sue capacità diplomatiche. “Quello che rende questo viaggio così difficile è che quasi ogni secondo del presidente, ogni passo che farà è oggetto di preparativi molto accurati” ha spiegato Ned Price, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale durante la presidenza di Barack Obama, all’Afp.

Trump scenderà dall’Air Force One in Arabia Saudita, domani, dopo un lungo viaggio notturno. La culla dell’Islam, sede delle città sante di Mecca e Medina, ospiterà un uomo più volte accusato di islamofobia, anche per il suo divieto d’ingresso negli Stati Uniti per i cittadini di sei Paesi musulmani, per ora bloccato in tribunale, giustificato con ragioni di sicurezza nazionale. In campagna elettorale, aveva anche dichiarato che le autorità saudite sarebbero state complici degli attentati dell’11 Settembre. Ora, però, Trump condivide con Riad l’opinione che l’Iran, sciita, rappresenti una minaccia per il Medio Oriente e vuole che l’alleato si metta alla guida di un fronte sunnita che stabilizzi la regione e sconfigga l’Isis, anche con l’istituzione di una ‘Nato araba’, che dovrebbe essere annunciata proprio durante la visita. I sauditi, dopo aver perso fiducia negli Stati Uniti sotto Obama, reo di aver trovato un accordo con l’Iran sul suo programma nucleare, vedono in Trump l’uomo che potrebbe consentire loro di rafforzarsi nella regione e di fare affari miliardari. “L’Arabia Saudita è il custode dei due luoghi più sacri per l’Islam ed è lì che cominceremo a costruire una nuova cooperazione con i nostri alleati musulmani per combattere l’estremismo, il terrorismo e la violenza” ha commentato Trump, annunciando all’inizio del mese il suo viaggio. “Non vogliamo ordinare agli altri come vivere, ma costruire una coalizione di amici e partner che condividono l’obiettivo di combattere il terrorismo e di portare sicurezza, opportunità e stabilità in Medio Oriente”. Lasciata l’Arabia Saudita, Trump raggiungerà Israele, dove incontrerà il primo ministro Benjamin Netanyahu. Al centro dei colloqui, ci sarà sicuramente la questione della fonte israeliana ‘bruciata’ dal presidente, secondo i resoconti della stampa statunitense sulle informazioni top secret che il presidente avrebbe condiviso con il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, e l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Sergey Kislyak.

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Sarà l’occasione anche per parlare ancora del riconoscimento di Gerusalemme come capitale d’Israele e dello spostamento dell’ambasciata da Tel Aviv, promessi da Trump in campagna elettorale; durante questo viaggio, però, non è atteso l’annuncio, perché il riconoscimento di Gerusalemme capitale creerebbe non pochi problemi alla possibilità di riaprire i negoziati di pace tra israeliani e palestinesi, come auspicato dalla nuova amministrazione statunitense. Trump, favorevole alla soluzione a due Stati, incontrerà il leader palestinese Abu Mazen a Betlemme. Il tour ‘spirituale’ si concluderà in Vaticano, dove Trump incontrerà papa Francesco, il 24 maggio. Il rapporto ‘a distanza’ tra i due non è stato finora dei migliori. Al contrario di Trump, che ha firmato due ordini esecutivi – bloccati in tribunale – per fermare l’arrivo negli Stati Uniti dei rifugiati e dei cittadini di alcuni Paesi islamici e si oppone all’accordo di Parigi sul clima, papa Francesco è un grande sostenitore delle politiche di accoglienza degli immigrati ed è a favore della difesa dell’ambiente. Il Papa ha anche visitato il confine tra Stati Uniti e Messico durante le primarie dello scorso anno: un gesto in qualche modo ‘di sfida’ nei confronti di Trump, che prometteva (e promette) di completare la costruzione del muro tra i due Paesi. “Una persona che pensa solo a fare muri e non ponti, non è cristiana” aveva detto Jorge Maria Bergoglio, lo scorso anno. Trump, sentitosi tirato in causa, aveva risposto che è “vergognoso” che un leader religioso come il pontefice metta in discussione la fede di un’altra persona, aggiungendo: “Se il Vaticano fosse attaccato dall’Isis, posso assicurarvi che il Papa non potrebbe che pregare per avere Donald Trump come presidente”. Poi, aveva ricalibrato le parole: “Il Papa è un uomo fantastico, non mi piace scontrarmi con lui […] nutro un grande rispetto, ha una forte personalità. Sta facendo un buon lavoro. Penso che gli siano state date informazioni sbagliate. Certo non è stata una bella cosa da dire perché noi dobbiamo avere una frontiera. Al momento non ne abbiamo una. Dobbiamo costruire un muro e lo faremo. Abbiamo bisogno di sicurezza. È quello che chiedono i cittadini”.

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A Roma, Trump incontrerà anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il viaggio di Trump proseguirà a Bruxelles, dove il 25 parteciperà al vertice della Nato, l’alleanza da lui più volte criticata, soprattutto per l’insufficiente apporto finanziario degli altri Paesi, e definita “obsoleta”. “Il presidente – si legge in una nota della Casa Bianca – riaffermerà il nostro forte impegno nella Nato e discuterà i temi cruciali per l’alleanza, soprattutto la condivisione delle responsabilità e il ruolo della Nato nella lotta contro il terrorismo”. Alla Nato, non mancano certo le preoccupazioni sull’arrivo di Trump e su quello che potrebbe affermare: “Ci prepariamo all’impatto” ha commentato un funzionario dell’Alleanza atlantica a Foreign Policy. Un funzionario dell’amministrazione statunitense ha dichiarato, secondo quanto riportato da France 24, che Trump potrebbe considerare l’ipotesi di lasciare la Nato, se gli altri Stati membri non rispetteranno l’impegno ad aumentare il loro contributo annuale all’Alleanza. Infine, Trump tornerà in Italia per il summit del G7 a Taormina, in programma il 26 e 27 maggio, dove la lotta al terrorismo sarà ancora al centro dei colloqui. Secondo altre fonti della Casa Bianca, citate dai media statunitensi, Trump potrebbe proporre non solo di riammettere la Russia, tornando al formato del G8, ma anche di aggiungere la Cina. Del G7 fanno parte Stati Uniti, Italia, Francia, Regno Unito, Germania, Canada e Giappone. Il consigliere per la Sicurezza nazionale, il generale H. R. McMaster, ha detto nei giorni scorsi che questo viaggio permetterà a Trump di dimostrare che “la politica dell’America First è pienamente compatibile con la leadership americana nel mondo”, compresa “la volontà di usare la forza militare quando necessario, come dimostrato in Siria dopo gli attacchi di Assad con le armi chimiche”. La spiegazione di McMaster è che questo presidente “si fa carico del ruolo di leader mondiale quando serve a rafforzare la sicurezza degli americani”.

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