Governo giallorosso, impazza totomimistri alla faccia della “discontinuità”

Governo giallorosso, impazza totomimistri alla faccia della “discontinuità”
La sala del Consiglio dei ministri di Palazzo Chigi
27 agosto 2019

C’è chi scalpita per conquistare l’ambita poltrona. C’è chi, invece, quella a cui è già aggrappato da quattordici mesi non intende lasciarla. Ma c’è anche chi è stato colpito dalla delusione perché sin dal primo momento ha capito che non farà mai il ministro di un eventuale nuovo governo Pd-M5s. Che, qualora nascesse, dagli ultimi segnali difficilmente la “discontinuità” ne sarà spirito principe. Neanche a parlarne, ovviamente, qualora il Pd dovrebbe subire l’imposizione del M5s per Giuseppe Conte premier. Un leader senza leadership, “l’avvocato del popolo” – almeno fino al j’accuse in Senato della settimana scorsa – e incolore, ma forse proprio per questo buono per tutte le stagioni. E’ più probabile, invece, che un eventuale nascita di un esecutivo giallorosso possa raffigurarsi a un pastone tra gli ex governi Renzi e gialloverde. D’altronde, è stato più volte lo stesso Nicola Zingaretti ha sottolineare che “faremo di tutto per la soluzione”. Una sorta di assist per Matteo Renzi che già da tempo ha lanciato l’opa per riprendersi il partito anche con un Conte bis.

Tuttavia, nonostante finora non c’è traccia d’intesa tra lo stesso segretario Pd e Luigi Di Maio, i totoministri vanno proprio nella direzione di un’accozzaglia. Per il Pd sono stati fatti diversi nomi. Dario Franceschini per il ministero dei Beni Cultura, per esempio. E nella squadra potrebbero entrare anche Piero Fassino, Francesco Boccia per i quali finora non c’è traccia di collocamento, sempre secondo gli scommettitori. C’è invece lo spazio per alcune riconferme come il ministro Alberto Bonisoli (M5s) che potrebbe restare proprio ai Beni culturali. Anche la ministra Elisabetta Trenta potrebbe mantenere il suo posto alla Difesa. Il titolare del dicastero di Palazzo Baracchini ha mostrato la sua forza nell’ultimo scontro con il leader della Lega, Matteo Salvini sulla Open Arms. Ma com’è noto, il totoministri spesso imbocca strade più avventurose del totopremier.

E così si fa sempre più insistente, anche un Luigi Di Maio al ministero dell’Interno. Tra i 5stelle si dà per scontato che l’accordo con i dem implichi anche la presenza del capo politico del MoVimento nel nuovo esecutivo e c’è chi lo incalza proponendo per lui proprio la responsabilità del Viminale. Un azzardo che probabilmente non andrà in porto ma che la dice lunga sul sentimento di rivalsa sulla Lega che anima i pentastellati. E sempre tra i pentastellati, si scommette su Francesco D’Uva per i rapporti con il Parlamento, Stefano Patuanelli ai Trasporti (si parla anche del renziano Andrea Marcucci ), Manlio Di Stefano agli Esteri. E ancora tra i 5stelle, una poltrona ministeriale ci sarebbe pure per Alessandro Di Battista. Per il rivoluzionario pentastellato, fino a qualche giorno fa si vociferava la guida del ministero del Lavoro.

Ma l’uomo che ama i reportage e la falegnameria, sembra mal digerire questo nuovo possibile governo Pd-M5s. Per non parlare dei sospetti che turbano personalmente Di Maio, in continua sfida per rimanere leader e mettere fuori gioco proprio Di Battista. Altra voce incalzante è quella che dà la dem Paola De Micheli anche al ministero dello Sviluppo Economico, carica al momento ricoperta dal capo politico 5stelle. Al ministero dell’Economia potrebbe sedere Antonio Misiani, in quanto responsabile Economia del Pd, che prenderebbe quindi il posto di Giovanni Tria. A concorrere per la stessa carica c’è anche Carlo Cottarelli, nome ben noto, quando nel 2018 si parlava di un governo di garanzia e mai nato dopo un via vai tra Palazzo Chigi e Quirinale. Il presidente dell’Agesci, Francesco Scoppola, infine, potrebbe aggiudicarsi il ministero alle Politiche Giovanili.

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