Gucciardi: “In una fase recessiva, servono idee chiare. Crocetta e Megafono non è partita chiusa”

28 febbraio 2014

Cinquantasette anni a maggio, avvocato, sposato, due figlie. E’ un politico navigato, Baldo Gucciardi. Un Democratrico, in quanto iscritto nel Pd, ma moderato. Capogruppo del partito all’Ars. Ed è alla sua terza legislatura.

Onorevole, torniamo indietro nel tempo. Estate 2012, Rosario Crocetta gioca d’anticipo e annuncia la sua candidatura a governatore, senza nessun confronto col partito. L’avete subita, questa auto designazione? “No, il Partito democratico ha vissuto una fase, come è normale che sia per un partito, aprendo un dibattito all’interno. Molti si sono espressi tempestivamente. Dopo pochissime settimane si è definito il percorso e si è costruito questo importante e nuovo progetto strategico, politico con l’Udc in quel momento che ha portato alla vittoria del progetto e alla vittoria del presidente Crocetta alle regionali del 2012”.

Un anno e mezzo di governo dove il Pd, maggiore azionista, sembra aver vissuto con una certa intolleranza. Di certo non s’è mai manifestato un rapporto solido tra il suo partito e Crocetta. E’ mancato qualcosa?

“No, non è mancato nulla. E’ finita la prima fase, come credo sia normale in tutte le esperienze, adesso bisogna passare ad una fase più matura. Probabilmente, anzi certamente, i problemi sono stati aggravati dal fatto che il presidente Crocetta ha trovato una Sicilia soggetta ad una crisi che è strutturale, una crisi inserita in un contesto nazionale e internazionale gravissimo, una situazione finanziaria davvero ai limiti della sopportazione. E’ evidente che si è trovato di fronte a problemi inizialmente non immaginabili, quindi questo ha potuto provocare qualche tensione in più. Io credo che sia la normale dialettica della politica nei rapporti anche all’interno di una maggioranza e anche nel rapporto con un presidente che voglio ricordare che il presidente è iscritto al gruppo parlamentare del Pd”.

Ma è sempre un presidente della Regione, al di là del ruolo politico…

“Assolutamente. In questo l’autonomia che gli deriva dallo Statuto, che gli deriva dalla legge, noi la rispettiamo profondamente. Essendo un dirigente del Pd e un deputato del Pd”.

A proposito, per più di un anno è andata avanti la polemica della doppia ‘casacca’ di Crocetta, deputato Pd e, allo stesso tempo, fondatore e leader del Megafono. Al di là delle buone intenzioni, tutto rientrato?

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“Assolutamente sì. Il presidente Crocetta ha formato questa lista Crocetta e il Megafono con la condivisione del Pd, con la condivisione degli alleati, perché questa lista diventasse il veicolo di chi non era del partito democratico, non era dell’Udc, quindi poteva sostenere il nostro progetto in un contenitore, in un veicolo diverso. Il presidente Crocetta si è iscritto inizialmente al gruppo del Megafono perché bisognava essere in cinque deputati per costituire un gruppo, l’ha detto lui stesso. Quando questo non è stato più necessario, correttamente il Presidente Crocetta ha lasciato il gruppo del Megafono e si è iscritto al gruppo del suo partito, il Pd”.

Insomma, Crocetta ha chiuso la parentesi Megafono…

“No, non l’ha chiusa. Il Megafono, ripeto, è un veicolo che serve a chi non ritiene di dover fare una militanza o di avere un rapporto col partito democratico. E’ normale, ci sono i socialisti, ci sono esperienze laiche distanti magari dalla storia, dalla prospettiva del Pd e quindi legittimamente ci stanno. Con queste personalità abbiamo rapporti straordinari e importanti”.

Crocetta ha sempre annunciato riforme, ma finora s’è fatto molto meno di quanto detto. Non vi sentite un po’ protagonisti di questo ‘riformismo passivo’?

“Le riforme sono piuttosto faticose, lo sta dimostrando questa dei Liberi consorzi e delle città metropolitane, che ci sta impegnando ormai da mesi. Ripeto, la crisi finanziaria straordinaria ed epocale, strutturale della regione siciliana, ci ha presentato difficoltà che inizialmente non erano immaginabili. Quindi questo rallentamento nel percorso riformatore che avremmo voluto più spedito deriva certamente da questo. Poi la finanziaria, la prima e la seconda, che ci ha impegnato per mesi e ci vede ancora preoccupati per la costruzione di questa manovra correttiva che ci terrà impegnati per altre settimane”.

La finanziaria cassata dal commissario deriva pure dalla crisi…

“Deriva purtroppo dalla crisi, perché quando si è costretti a tagliare il primo anno, nella prima finanziaria del 2013, oltre due miliardi e tagliarli completamente, e non come prima che si faceva un mutuo per chiudere un bilancio. E il secondo anno oltre un miliardo, e in più la Corte dei Conti per la questione dei residui attivi per gli anni antecedenti al 2000, residui attivi non riscuotibili, ha imposto la costituzione di un fondo di garanzia che impegna per altri centinaia di milioni… Immaginiamo la semplice proroga dei precari, che costa circa 300 milioni all’anno alla Regione siciliana, oggi ne costa il doppio perché dobbiamo dimostrare per poterla prorogare altri 300 milioni di ulteriori tagli. Credo che già rispetto al 2012 o 2011 è già cambiato tanto nella gestione finanziaria della Regione”.

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Ora avete un nuovo segretario, un trent’enne, dinamico. Che è successo abbiamo ‘rottamato’ tutti?

“Assolutamente no. Lupo, che è stato un ottimo segretario, rimane un autorevole dirigente e un eccellente deputato del Pd. Semplicemente la politica all’interno dei partiti, il Pd, che è un partito autentico e con le sue dinamiche e le dialettiche interne che ne fanno un partito davvero autentico, ha costruito delle opzioni, dei progetti politici che prevedevano degli interpreti, e Lupo ha deciso di interpretare un progetto politico. Noi, attorno a Fausto Raciti, abbiamo deciso di costruirne un altro. Finito il Congresso, però, il partito è uno e rimane compatto”.

Molti criticano la ‘distanza’ di Raciti dal territorio isolano. E’ un handicap oppure non è così.

“Non esiste assolutamente. Un trentenne oggi non ha grossi problemi a stare due o tre giorni a Roma e il resto della settimana a Palermo. L’altro ieri ha votato la fiducia a Renzi, ieri abbiamo fatto la riunione al gruppo parlamentare, è uno che ha forza, energia e anche l’autorevolezza che gli deriva dall’essere un parlamentare nazionale a trent’anni. E’ stato ed è ancora il segretario dei giovani democratici del nostro partito e ha un’idea della politica che va al di là della nostra regione, quindi ha giusta esperienza”.

Da più di sei mesi si chiede un governo politico, soprattutto il Pd. Addirittura vi siete staccati dalla maggioranza…

“E’ stata la direzione generale del partito che aveva alimentato uno strappo col governo. Noi chiediamo e abbiamo chiesto un nuovo patto di governo per le ragioni di prima, e perché ci siamo trovati e si è trovato il presidente Crocetta di fronte a difficoltà straordinarie, alcune prevedibili come una crisi finanziaria che ha portato la Sicilia già dal 2012, prima di Crocetta, in una recessione pericolosissima. Siamo in piena fase recessiva per uscire dalla quale occorre avere le idee chiare su un progetto di governo”.

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Quindi possiamo dire che il governo dei tecnici non ha funzionato?

“Io non credo alle virtù taumaturgiche dei singoli. Tecnici o politici, credo che il singolo in un contesto che abbia le idee chiare su idee programmatiche o progetti precisi non credo che funzionerebbe. Credo che un ingresso “a freddo” non può risolvere il problema. Occorre prima un patto di governo che riprenda una visione programmatica che tenga conto di questa crisi devastante che siamo stati costretti a subire in questi 15, 20 mesi circa di legislatura. Poi un governo, a prescindere da chi fisicamente lo compone, che abbia un collegamento politico forte e con una maggioranza che deve trovare attorno a questo nuovo governo una coesione maggiore. In questo Crocetta è un fuoriclasse quindi saprà trovare…”

Sareste pronti ad accettare Alfano al governo come a Roma?

“Queste sono scelte politiche che derivano dai contesti. A Roma il governo delle larghe intese con Alfano deriva da una necessità perché o così o non si può fare un governo. Qui in Sicilia abbiamo l’elezione diretta del presidente della Regione, quindi le maggioranze possono essere maggioranze d’Aula, maggioranze in senso numerico. Non si vota la fiducia, non c’è il problema che esiste ovviamente tecnicamente nella maggioranza che deriva da un sistema di governo parlamentare come quello del nostro paese. Non ho mai creduto, tuttavia, alle fotocopie del livello nazionale in periferia, né a quelle della Regione nei Comuni. Ci sono le specificità locali, la Sicilia ha questa specificità e credo che debba certamente continuare una interlocuzione forte con le forze politiche oggi all’opposizione e insieme ad esse fare buone riforme nell’interesse dei siciliani. Non siamo talmente presuntuosi da immaginare di poter fare da soli”.

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