Il parco Okubo e il boom del turismo sessuale: così i social alimentano il mercato del sesso a Tokyo

A pochi passi dall’iconica statua di Godzilla che domina Kabukichō, cuore pulsante della vita notturna della capitale giapponese, un altro fenomeno attira ormai turisti da tutto il mondo. Ma qui non si tratta di attrazioni turistiche, bensì di un mercato sommerso che si muove tra i vialetti del parco Okubo, dove giovani donne, spesso con lo sguardo fisso sullo smartphone, aspettano clienti stranieri.
Dai social alle strade
Non servono statistiche ufficiali per rendersi conto della situazione. Basta osservare il flusso costante di uomini – coreani, cinesi, taiwanesi, ma anche occidentali – che si aggirano tra le panchine del parco, molti dei quali arrivati dopo aver visto video virali su TikTok, Instagram o Bilibili. Alcuni clip, spesso girati di nascosto o in live streaming, mostrano volti, prezzi e dinamiche degli incontri, trasformando Okubo in una sorta di “mercato a cielo aperto” conosciuto ben oltre i confini del Giappone.
“Molti mi scrivono direttamente su Instagram, altri mi avvicinano mostrandomi la traduzione automatica sul telefono: ‘Quanto costa?'”. Le tariffe? Tra i 15.000 e i 30.000 yen l’ora (100-200 dollari), con trattative lampo e incontri nei love hotel della zona.
L’emergenza post-Covid
Se un tempo la prostituzione in strada a Tokyo era un fenomeno marginale, legato soprattutto a donne straniere, oggi la crisi economica post-pandemica ha cambiato le regole del gioco.
“Prima del COVID, era raro vedere ragazze giapponesi vendersi per strada. Ora invece lo fanno sempre più spesso, e a prezzi più bassi”. I rischi, però, sono altissimi: violenze, mancati pagamenti, malattie sessuali e video diffusi online senza consenso. Eppure, la legge giapponese punisce soprattutto le donne, non i clienti: il sesso a pagamento con penetrazione è reato, ma solo per chi lo offre, con multe e persino il carcere in caso di condanna.
Colpire la domanda per frenare il mercato
Per Sakamoto, la soluzione è chiara: “Bisogna introdurre sanzioni anche per i clienti, altrimenti il giro non si fermerà mai”. Ma mentre le autorità dibattono, il parco Okubo continua a essere un microcosmo di contraddizioni: luogo di svago per turisti, fonte di guadagno per alcune, trappola per altre. E sopra tutto, il ruggito di Godzilla sembra quasi una metafora: un monito che pochi, in realtà, ascoltano.