Il sindaco che teme le divisioni: la reticenza di Sala sull’intitolazione a Sergio Ramelli

La posizione del sindaco di Milano, Beppe Sala, sul tema dell’intitolazione di una scuola a Sergio Ramelli rivela, ancora una volta, un atteggiamento ambiguo e politicamente miope che merita una riflessione. Sala, infatti, ha liquidato la proposta del presidente del Senato, Ignazio La Russa, con un generico “è difficile” e un richiamo alla scarsità di spazi pubblici, aggiungendo che intitolare a singole vittime “diventa divisivo”.

Il sindaco di Milano Giuseppe Sala

Questa argomentazione non solo appare debole e poco convincente, ma riflette un’incapacità di affrontare con coraggio e chiarezza le questioni di memoria storica che Milano, città simbolo della democrazia e della lotta contro l’estremismo, dovrebbe invece saper gestire con equilibrio e rispetto.

Sala sembra voler evitare il confronto diretto, preferendo un generico richiamo a un’”intitolazione inclusiva” che ricordi tutte le vittime della violenza politica, ma senza riconoscere esplicitamente il valore di singoli casi emblematici come quello di Ramelli. Questo atteggiamento, lungi dal rappresentare un gesto di pacificazione, rischia di apparire come un espediente per evitare scelte scomode e per non disturbare certe sensibilità politiche di sinistra, alimentando così un doppio standard nella memoria pubblica.

Le critiche che gli sono state rivolte da più parti, anche da esponenti del centrodestra come Maurizio Gasparri e Riccardo De Corato, evidenziano come la memoria delle vittime degli anni di piombo venga spesso piegata a logiche ideologiche e strumentali. Gasparri ha accusato Sala di mettere sullo stesso piano vittime e assassini, un’accusa dura ma che fotografa bene la confusione politica e morale che emerge dalle sue dichiarazioni. Ignazio La Russa ha parlato apertamente di “due pesi e due misure”, sottolineando come Milano debba onorare tutte le vittime senza discriminazioni.

Il sindaco, invece di assumere una posizione netta e coraggiosa, preferisce un vago “non è che abbiamo tutti questi spazi” che suona più come una scusa per non prendere una decisione che potrebbe scontentare una parte dell’elettorato progressista. Questa reticenza è tanto più grave se si considera che a Milano esiste già una scuola intitolata a Claudio Varalli, giovane di sinistra ucciso in quegli stessi anni, e che quindi l’argomento della “divisività” appare poco fondato.

In un momento storico in cui la politica milanese è spesso accusata di mancanza di trasparenza e di scelte opportunistiche, come dimostrano le polemiche sulla gestione urbanistica e sul cosiddetto “Salva Milano” – dove Sala è stato criticato per aver ignorato o sottovalutato problemi di illegalità e per aver mostrato una certa arroganza istituzionale – il suo atteggiamento sulle intitolazioni pubbliche conferma una tendenza a evitare i nodi politici più delicati, preferendo un politically correct di facciata che non risolve i problemi ma li rinvia.

In definitiva, la posizione di Beppe Sala su Sergio Ramelli non è solo un’occasione mancata per Milano di fare un passo avanti nella costruzione di una memoria condivisa e rispettosa, ma rappresenta anche un segnale preoccupante di come la politica cittadina continui a piegare la storia alle convenienze del momento, rinunciando a un ruolo di guida culturale e morale. Se Milano vuole davvero essere una città che onora tutte le sue vittime senza distinzioni, il sindaco dovrebbe dimostrare più coraggio e meno ambiguità, evitando di trasformare la memoria in un terreno di comode neutralizzazioni politiche.