In Italia il 21% della popolazione detiene il 60% della ricchezza

In Italia il 21% della popolazione detiene il 60% della ricchezza
21 maggio 2015

La crisi economica che ha investito il pianeta ha allargato la distanza tra i ricchi e i poveri e anche l’Italia non fa eccezione. Il 21% degli italiani detiene infatti il 60% della ricchezza. E’ quanto emerge dal rapporto dell’Ocse sulle diseguaglianze presentato oggi. Il 40% della popolazione più povera invece detiene appena il 4,9% della ricchezza del paese. Una fotografia che risente degli effetti della crisi in particolare la contrazione del reddito disponibile tra il 2007 e il 2011. Per il 10% più povero degli italiani c’è stata una flessione del 4% mentre il 10% più ricco ha scontato un modesto calo dell’1%. La ricchezza nazionale netta, rileva l’Ocse – in Italia è distribuita in modo molto disomogeneo, con una concentrazione particolarmente marcata verso l’alto. L’andamento del reddito registra trend peggiori solo in Spagna e in Grecia. Per il 10% più povero dei due paesi la contrazione del reddito disponibile è stata del 13% tra il 2007 e il 2011 contro la media, rispettivamente, del 4 e dell’8%.

L’Ocse rileva che dall’inizio della crisi è piuttosto diffuso il fenomeno della crescita del gap nella concentrazione della ricchezza e nella distribuzione del reddito. In Italia è leggermente sopra la media Ocse. La povertà è aumentata soprattutto tra i bambini con un tasso del 17% mentre la media Ocse è del 13%. Anche per i giovani tra 18 e 25 anni la percentuale di poveri è superiore alla media Ocse (14,7% contro il 13,8%). Meglio invece gli anziani, oltre i 65 anni. Rientrano nella povertà solo il 9,3% di questa fascia di età rispetto al 12,6% della media Ocse. Le diseguaglianze nella distribuzione del reddito riflettono la dispersione salariale piuttosto che la crescita dei disoccupati. In Italia il 40% della popolazione impiegata nel 2013 in lavori non standard e cioé contratti atipici, part-time, contratti a termine. Nell’area Ocse invece scende al 33%. Tra il 1995 e il 2007 l’occupazione standard (contratti a tempo indeterminato) in Italia è aumentata solo del 3% rispetto al 10% della media Ocse mentre l’occupazione non-standard presenta una crescita del 24%, la più elevata tra i paesi Ocse che mostrano in media un +7,3%.

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