Istat arrotonda dati, ma l’economia arranca

Istat arrotonda dati, ma l’economia arranca
7 marzo 2016

di Laura Della Pasqua

La crescita si sta fermando. L’Istat ha ammesso che nel 2015 il pil corretto per gli effetti di calendario (cioè tenendo conto che i giorni lavorativi sono stati tre in più rispetto al 2014) è aumentato dello 0,6%. Il dato quindi si differenzia rispetto a quello diffuso dall’Istat martedì primo marzo, quando l’Istituto di statistica ha indicato l’aumento del pil non depurato dei giorni lavorati (+0,8%). E proprio questo +0,8% è il numero rivendicato da Renzi da dicembre scorso mentre il governo nell’aggiornamento del Def (il documento di economia e finanza) ha messo +0,9%. Inoltre il dato confermato nelle ultime quarant’otto ore, cioè il +0,6%, non è quello valido ai fini dei parametri di Maastricht che considera, invece, quello diffuso il primo marzo scorso che accredita una crescita dello 0,8% per il 2015. A parte questa guerra di decimali il dato reale è che l’economia arranca come dimostrano gli altri dati. Nel quarto trimestre del 2015 il Pil è aumentato dello 0,1% sul periodo precedente e dell’1% sul 2014. Ed è proprio l’Istat a dire che “nel corso dell’anno c’è stato un progressivo indebolimento”. Infatti, dopo un incremento dello 0,4% nei primi tre mesi dell’anno, dello 0,3% e dello 0,2% nel secondo e terzo trimestre, il Pil nell’ultimo trimestre è aumentato di uno stentato 0,1%. L’ottimismo del Tesoro, nonostante questi numeri, è inossidabile. Dal ministero dell’Economia suggeriscono che una crescita dell’1,6% nel 2016 “non è irrealistica come da molti argomentato, è già nei fatti per ciò che riguarda la domanda interna e sarebbe raggiungibile in un quadro internazionale anche solo moderatamente favorevole”.

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I dati del Pil del quarto trimestre, secondo il Tesoro, “non sono affatto deludenti come potrebbe sembrare a prima vista, anzi contengono diversi elementi positivi. Infatti, secondo i nuovi dati trimestrali la domanda finale (aggregato che esclude le scorte) ha dato un contributo netto alla crescita congiunturale di 0,4 punti e il commercio estero ne ha dato un ulteriore 0,1”. Il governo in sostanza spera in un colpo di coda nei prossimi mesi, magari aiutato dalla congiuntura internazionale pià favorevole. C’è il rischio però che anche nei prossimi mesi proceda a ritmo di “decimali”, limitando il margine di manovra del governo che non può sempre appellarsi alla flessibilità europea. Inoltre sul fronte della zona euro la potenza di fuoco del Quantitative easing della Bce si sta esaurendo. Secondo Nomisma il Pil è distante dai livelli necessari per riportare velocemente il paese sui livelli di produzione, ricchezza e benessere di prima della Grande Recessione. Anche i consumi hanno subito una battuta d’arresto. Confcommercio registra, a gennaio 2016, un’invarianza rispetto al mese precedente ed una crescita dell’1,4% tendenziale. “C’è una ripresa ma senza slancio” avverte l’associazione che sottolinea “il permanere di elementi di incertezza sulle prospettive a breve”. Preoccupati i sindacati. Loy della Uil sottolinea che “i dati, più volte rivisti, sulla crescita del nostro Pil indicano che la strada per colmare il divario accumulato nel lungo periodo di crisi è ancora molto lunga”.

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