Italicum, il Senato boccia le minoranze Pd e FI

Italicum, il Senato boccia le minoranze Pd e FI
21 gennaio 2015

senato,costituzione,riforme

di Maurizio Balistreri

“La legge elettorale oggi ha fatto un bel passo in avanti”. Dalle nevi di Davos Matteo Renzi ha commentato con soddisfazione l’andamento del voto in Senato sulla legge elettorale che ha visto approvata la versione Italicum depurata di quasi tutti gli emendamenti presentati dalle minoranze interne sia al Pd che a Fi.  In pratica, Palazzo Madama non ha varato l’emendamento a prima firma Gotor e sottoscritto da 29 senatori democratici. Il provvedimento assorbiva tutta una serie di emendamenti contrari all’inversione delle quote tra eletti con capilista bloccati e preferenze. Prevedeva un 30% di candidati nominati e un 70% di eletti con le preferenze. I sì sono stati 116, i no 170 e gli astenuti 5.

I voti di oggi, ha detto il premier, sono importanti “non per vincere una battaglia in Parlamento ma perchè servono all’Italia. Dunque andiamo avanti decisi e pedalare, perchè c’è molto da fare e l’Italia sarà cambiata solo dopo che avremo completate le riforme”. Alle rinnovate accuse di governare d’intesa con Silvio Berlusconi, Renzi ha ribadito un concetto noto: “Le riforme, la legge elettorale, i giudici della Consulta, il presidente della Repubblica si fanno con l’opposizione, non vedo alcun problema. A chi dice che su questi passaggi ci sono anche i voti delle opposizioni, dico chè è giusto e doveroso. Poi sull’azione di governo c’è una maggioranza che lavora in autonomia”. “Stiamo portando a casa risultati che neanche i più ottimisti avrebbero immaginato”, ha rivendicato il premier. Che ha avuto parole di distaccato rispetto anche per quelle minoranze che hanno votato contro la proposta di riforma.

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“Prendo atto che come sul Jobs Act una parte della minoranza del mio partito decide di muoversi in autonomia. E’ una posizione che non condivido e non credo che la condividano i militanti delle feste dell’Unità, ma questo è ininfluente ai fini del risultato finale”. Dunque “andiamo avanti nel rispetto delle opinioni di tutti”. Del resto anche la minoranza del Pd a sua volta ha dovuto subire una minoranza al suo interno, dividendosi al momento del voto sull’emendamento Esposito che ha cassato la maggior parte degli emendamenti: il ‘super-canguro’ che ha ridotto drasticamente da 47 a 35 mila il numero degli emendamenti alla riforma elettorale. Del gruppo dei 29 che ha presentato il documento all’assemblea del Pd con Matteo Renzi in 22 hanno effettivamente votato contro.

L’Aula del Senato ha approvato infatti l’emendamento presentato dal senatore del Pd Stefano Esposito alla legge elettorale con 175 sì, 110 no, 2 astenuti. L’emendamento contiene tutte le novità introdotte dall’accordo di maggioranza, ossia soglia al 40% per il premio, sbarramento al 3% per le liste, e soprattutto prevede che i collegi plurinominali siano 100 e i relativi capilista bloccati, nel senso che sono sicuramente eletti, successivamente si possono esprimere fino a due preferenze con alternanza di genere. L’emendamento contiene anche la clausola di salvaguardia, ossia stabilisce che la legge entra in vigore dal primo luglio 2016. Essendo un emendamento cosiddetto premissivo, la sua approvazione fa decadere gran parte dei 44mila emendamenti presentati.

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