Italicum, Cuperlo accelera sulla bozza: modifica a Camere o voto Direzione. Frana fronte del Sì

Italicum, Cuperlo accelera sulla bozza: modifica a Camere o voto Direzione. Frana fronte del Sì
4 novembre 2016

Incardinare subito la bozza di documento per modificare l’Italicum nelle commissioni Parlamentari, per avviare il lavoro prima del referendum del 4 dicembre. E’ la richiesta che, stando a quanto viene riferito da fonti della minoranza dem, Gianni Cuperlo avrebbe inserito nel documento che gli e’ stato sottoposto in sede di commissione del Partito democratico, e sulla quale ora i vertici del Pd stanno ragionando. E se la maggioranza dem dovesse rispondere ‘non c’e’ tempo’, allora per Cuperlo si deve convocare una direzione del partito che, prima della data della consultazione popolare, metta agli atti la necessita’ di procedere speditamente all’incardinamento del documento in commissione. Non e’ il solo ‘emendamento’ a firma Cuperlo che compare nella bozza di documento. Il rappresentante della minoranza in commissione Pd avrebbe avanzato anche la richiesta di inserire subito nella legge elettorale l’elezione diretta dei senatori, cosi’ come formulata nella proposta Chiti-Fornaro. Una possibilita” su cui anche il segretario, Matteo Renzi, aveva dato disponibilita’ durante la direzione del 10 ottobre. Il tutto assieme alle richieste di eliminare il doppio turno, ridurre sensibilmente il premio di maggioranza e prevedere collegi uninominali. Il lavoro della commissione, nonostante gli impegni che vedono coinvolti molti ‘maggiorenti’ del partito – a cominciare dalla Leopolda in corso a Firenze – vanno avanti con contatti informali. Se ci sara’ una nuova riunione della commissione, non sara” convocata prima della prossima settimana, viene riferito. La minoranza vicina all’ex segretario Pierluigi Bersani chiede infatti, da giorni, un documento che entri nel merito delle modifiche e che abbia la ‘forza’ di un articolato di legge, meglio se presentato dal governo. “Ricordiamo che con l’Italicum c’e’ stato un impegno molto piu’ forte del governo, culminato con il voto di fiducia”, ricorda un bersaniano per il quale “il lavoro fatto fin qui dalla commissione tornera’ buono solo dopo il 4 dicembre”. Tradotto: la minoranza dem, al netto di novita’ eclatanti, continua a sostenere le ragioni del No.

Intanto continua a franare il fronte dl Sì. “Ho deciso di votare No al prossimo referendum istituzionale utilizzando la liberta’ di coscienza in materia costituzionale che il carattere liberale del Partito democratico concede ai suoi iscritti ed elettori”. Esordice cosi’ un documento messo a punto dal senatore del minoranza Pd Miguel Gotor per spiegare perche’ dice no “alla riforma dei gattopardi”: dagli impegni non rispettati che lasciano intatto il combinato disposto della riforma con la legge elettorale, al rischio di un peggioramento della qualita’ della democrazia, alla necessita’ di mettere fine alla stagione delle riforme costituzionali imposte a colpi di maggioranza contenuto gia’ nel manifesto fondativo del Pd, all’indebolimento del ruolo di granzia del presidente della Repubblica, per citarne alcuni. E, fra l’altro, premette: “ritengo che non debba esserci automatismo alcuno tra un’eventuale affermazione dei No e una crisi di governo. Questa lettura e’ il risultato di un meccanismo di personalizzazione della consultazione impropriamente innescato dal Presidente del Consiglio che e’ arrivato a minacciare le sue dimissioni, il voto anticipato e addirittura l’abbandono della vita politica in caso di vittoria del No. Un ricatto da respingere, perche’ non deve esserci relazione tra la vita di un governo, legato a una maggioranza, e la Costituzione”. “Voto No al prossimo referendum costituzionale in particolare perche’ non mi persuade la relazione tra la nuova riforma del Senato e la legge elettorale denominata Italicum”, scrive Gotor.

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“Il presupposto di un cambiamento e’ che il nuovo sia migliore dell’esistente. In questo caso, sono convinto non sia cosi'”, aggiunge e stigmatizza il fatto che il referendum sia stato “trasformato in una sorta di giudizio di Dio: prima di me era il deserto e ora, senza di me, sara’ l’apocalisse, con un condizionamento, implicito ed esplicito, sull’intero sistema politico e il rischio di esporre l’Italia, in modo gratuito e sconsiderato, agli assalti di un’eventuale speculazione finanziaria internazionale”. “Quella che stiamo discutendo – sottolinea – e’ una mediocre riforma perche’, riducendo gli spazi di partecipazione e di rappresentanza, impoverisce la democrazia italiana”; “centralizza in modo eccessivo le competenze regionali”; “non abolisce il Senato”, ma “lo trasforma in una Camera debole e con scarsi poteri, potenzialmente destinata ad avere una funzione ostruzionistica o di freno nel caso, non peregrino, in cui vi sia una maggioranza diversa da quella di governo alla Camera”; adotta un “procedimento legislativo, che resta bicamerale, cosi’ farraginoso e confuso” che “produrra’ continui conflitti”; perche’ un Senato “che si vorrebbe delle regioni non comprende i governatori eletti direttamente dal popolo”; perche’ “dilata ulteriormente la distanza tra le regioni ordinarie e quelle a statuto speciale aumentando gli squilibri gia’ esistenti”.

La riforma della Costituzione “deve essere il risultato di un consenso ampio maturato tra le forze politiche perche’ costituisce un patrimonio destinato a durare nel tempo. Non puo’ essere ridotta al rango di una legge ordinaria sottoposta a referendum che cambia sotto ogni esecutivo: la stabilita’ delle istituzioni e’ piu’ importante della stabilita’ degli esecutivi e stiamo creando un pericoloso precedente che altri potranno sfruttare al nostro posto e contro di noi”, osserva ancora Gotor in uno dei passaggi del suo documento. E sull’Italicum torna: “semmai la commissione del Partito democratico di recente istituita dovesse raggiungere un punto di incontro condiviso da tutto il partito su una nuova legge elettorale che abolisca il ballottaggio, dia vita a collegi uninominali piccoli e assegni un premio di maggioranza ragionevole, questo risultato sarebbe un contributo importante al dibattito sia nel caso in cui vincessero i Si’, sia se prevalessero i No”. “Dopo un’eventuale vittoria dei Si’, sarebbe troppo forte la tentazione di non modificare l’Italicum o compiere un modesto quanto insufficiente maquillage, magari obbligati da una moderata prescrizione della Corte costituzionale: del resto, lo stesso presidente del Consiglio, mentre con la mano sinistra sostiene di avere l’intenzione di cambiarla, con la mano destra continua a dichiarare che essa sia un’ottima legge”, nota Gotor.

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