Legge Severino, Silvio furioso con Renzi. Scricchiola patto Nazareno

Legge Severino, Silvio furioso con Renzi. Scricchiola patto Nazareno
20 novembre 2014

di Fabrizio dell’Orefice

Silvio Berlusconi si sta sganciando. Lentamente, come uno smottamento politico. Si sta allontanando dal patto del Nazareno. Nella lettera che l’ex premier invia ai parlamentari per organizzare il “no tax day” di fine mese compaiono attacchi diretti contro il premier Renzi. Si comincia dalla crisi: “La politica economica del governo Renzi, così come quella dei due governi che lo hanno preceduto, tutti e tre non votati dai cittadini, ha tartassato soprattutto la classe media italiana”. E ancora: “Oggi – insiste il leader di Forza Italia – con il governo del cieco rigore prima e con i governi guidati dalla sinistra poi, la classe media è quella che ha pagato il conto delle varie manovre. Prima ha pagato per il finto risanamento predicato dal governo Monti, poi, dopo l’uscita di Forza Italia dal governo, ha pagato le politiche di redistribuzione del reddito che Renzi ha avviato a favore del proprio elettorato di riferimento”. Non è un caso che Berlusconi parta dalla crisi economica che continua a mordere e di cui non si vede la fine. Ma dove vuole arrivare l’ex Cavaliere?

Intanto a recuperare consenso. Renzi scricchiola. Spiega al Fatto Alessandra Ghisleri, la sondaggista di fiducia del leader di Forza Italia, come le rilevazioni “registrano un calo costante, uno stillicidio, anche se il premier resta al 46-47%”. Così Berlusconi riposiziona Forza Italia e ribadisce che è “forza di opposizione”. Dove vuole arrivare? Sicuramente Berlusconi attendeva una sorta di riabilitazione dal premier. Un segnale importante. Ai fedelissimi ha spiegato nei giorni scorsi che considera parte del patto del Nazareno la revisione della legge Severino, che gli consentirebbe di ricandidarsi in Parlamento e tornare pienamente alla guida del centrodestra. Non a caso proprio nella lettera ai parlamentari Berlusconi, in un passaggio che sembra un pizzino, scrive: “Tra poco torno in campo, innocente e alla grande”. Innocente perché spera in una revisione della sua condanna presso la Corte dei diritti dell’Uomo. Ma più passano i giorni più appare difficile che il premier possa andargli incontro ammesso che ne abbia mai avuta l’intenzione. Il segretario del Pd per esempio si era espresso a favore di una revisione del provvedimento anticorruzione per la parte che prevede la sospensione per gli amministratori di enti locali condannati in primo grado (è il caso del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris), previsto dall’articolo 11 del decreto legislativo sull’incandidabilità. Ma a Berlusconi interessa l’articolo 10, quello che descrive i casi di decadenza. E su quello tutto tace.

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Anzi, proprio cinque giorni fa Raffaele Cantone, presidente della autorità anticorruzione (voluto lì da Renzi), rispondendo a un editoriale del direttore del Mattino Alessandro Barbano, ha messo in chiaro che è a favore a leggi speciali contro il malcostume: “Il direttore Barbano pone una domanda su cui voglio dare la mia risposta; è giusto, si chiede, combattere la corruzione con gli strumenti dell’eccezionalismo giudiziario utilizzati contro la mafia? La sua risposta è “assolutamente no”; la mia, invece, è “parzialmente sì” perché la corruzione non è affatto meno grave, pericolosa e dannosa socialmente ed economicamente della mafia e richiede il medesimo sforzo preventivo, repressivo e culturale utilizzato con risultati positivi per quest’ultima”. Insomma, volendo tradurre in maniera poco ortodossa e che certamente Cantone non apprezzerà, si può dire così: volete fare piccole modifiche alla Severino? Fatelo. Ma se pensate di smantellarla per fare un favore tra gli altri a Berlusconi, come si dice a Roma, nun ce provate. Renzi è avvisato. E anche mezzo salvato.

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