Limite alla ricerca pediatrica, bambini a rischio

18 febbraio 2014

“Sperimentare su animali significa esporre l’uomo ad alti rischi e, nonostante siano in grande sviluppo branche scientifiche come la farmacogenomica e l’epigenetica che dimostrano l’alta specificita’ delle cure in relazione all’individuo, si continua a pretendere che un ratto, un cane o un pesce siano modelli attendibili per le malattie umane. In particolare, va sottolineata la pericolosita’ e l’alto indice di fallimento per i farmaci pediatrici, infatti i bambini sono le ennesime vittime di un processo basato su leggi arretrate e su lobby che basano i propri interessi sul profitto e non sulla salute”.  E’ quanto denuncia la Lav, l’associazione animalista, secondo cui, “malgrado in molte nazioni si stiano promuovendo le ricerche condotte su modelli non animali, in Italia cio’ non sta ancora avvenendo”.  In altri termini, “le differenze stesse – metaboliche, di superficie corporea, di volume di distribuzione – tra adulto e bambino fanno si che, secondo alcuni reports, l’80 % dei farmaci usati in pediatria siano ‘off label’ o non autorizzati- afferma Angela Fiore, medico pediatra neonatologo- immagino che qualsiasi pediatra e qualsiasi genitore preferirebbe sapere che sono state utilizzati tutti i controlli di sicurezza disponibili (farmaco genomica, modelli matematici, modelli artificiali di organi e apparati) prima di somministrare una molecola al proprio bambino sulla base di dati estrapolati dall’adulto o addirittura da specie diverse”.

Secondo la biologa Michela Kuan, responsabile Lav Vivisezione, “l’indice di fallimento della sperimentazione con il modello animale supera il 90%, esponendo la nostra specie a dati fortemente fuorvianti e pericolosi”. Il che vuol dire, sempre secondo la biologa, che “per i bambini i rischi aumentano ulteriormente, infatti, e’ un abile paravento giuridico ben lontana dai principi dell’etica, senza alcun fondamento scientifico e dunque di sicurezza ed efficacia”.  Per questo, “il nostro Paese deve cambiare rotta e preoccuparsi concretamente del futuro delle nuove generazioni e dei malati implementando lo sviluppo di tecniche realmente predittive per la nostra specie che non facciano uso di animali ma utilizzino l’unico modello attendibile: l’uomo”.

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