M5s deluso dice no al Mes e chiede “sforzo” sul Recovery Fund

M5s deluso dice no al Mes e chiede “sforzo” sul Recovery Fund
Vito Crimi
9 maggio 2020

Il Mes “senza condizionalità” non convince l’ala euroscettica del Movimento 5 stelle (sospettata all’interno di essere per certi versi Conte-scettica) ma provoca una reazione delusa anche da parte dei vertici del M5s. Una nota non firmata da Crimi ma M5S, a sottolinearne l’ufficialità, definisce il parto dell’Eurogruppo “debolmente migliorato” ma “inadeguato” e garantisce che l’Italia non vi farà ricorso. Una voce che stride con la posizione favorevole del Pd espressa dal segretario Zingaretti o con l’entusiasmo di Marattin che, a nome di Italia viva, annuncia un sì “senza se e senza ma”. Il M5S si aggrappa alla richiesta del premier Giuseppe Conte di uno “sforzo straordinario” per il “Recovery Fund, l’unico strumento in grado di affrontare seriamente questa emergenza e il maggior debito legato a questa emergenza deve essere scorporato dai calcoli futuri dei parametri sul debito”.

Il tema, da settimane, è la permeabilità delle istituzioni europee e dei trattati vigenti alle decisioni emergenziali del Consiglio, della Commissione Ue e dell’Eurogruppo, tutte orientate a considerare eccezionale – e quindi fuori dai parametri consueti di funzionamento – la risposta alla crisi innescata dalla pandemia di coronavirus. Le perplessità non vengono solo dalla posizione storica del M5S, che nel suo programma elettorale annoverava il superamento del cosiddetto Fondo salva-Stati. Stefano Fassina di LeU in giornata, prima dell’Eurogruppo, boccia la lettera degli eurocommissari Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovkis: “Non evita la trappola nel Mes”, taglia corto.

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“Niente di nuovo sul fronte Eurogruppo”: la bocciatura più secca in serata arriva da Bruxelles dopo il comunicato dell’Eurogruppo che spiega le condizioni del nuovo “Mes light” ed è firmata da Piernicola Pedicini. Pedicini è uno dei quattro, con Ignazio Corrao, Rosa D’Amato ed Eleonora Evi, finiti sotto la lente dei probiviri a 5 stelle dopo il voto in dissenso dal gruppo sula risoluzione del Parlamento europeo a proposito del Covid19 e degli strumenti finanziari per rispondere alla crisi. “Dopo tante belle parole che impacchettano e mettono il fiocco alla linea di credito del Mes, si arriva – commenta – alla sostanza: il Mes implementerà il suo sistema di allarme rapido per garantire il rimborso tempestivo del prestito… successivamente gli Stati membri dell’area dell’euro rimarrebbero impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari, coerentemente con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale dell’Ue…
questa è la sostanza!”. Laconico Corrao, raggiunto telefonicamente: “In attesa di approfondire le conclusioni, restiamo scettici – dice – sulla fase di restituzione, i dubbi legati al trattato del Mes non sembrano superati”.

Ma dalle bacheche dei 5 stelle dell’ala critica o vicini ad Alessandro Di Battista come Rafael Raduzzi, Pino Cabras o Barbara Lezzi (“staremo attenti”, scrive l’ex ministra), le critiche a Gentiloni e gli avvertimenti contro la trappola del Mes si moltiplicano. Anche questo, probabilmente, sta dietro la freddezza della nota ufficiale del M5S sui risultati ottenuti dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri nel negoziato con Bruxelles. Il M5S rischia di dover fare un imbarazzante voltafaccia e di perdere pezzi: a norma di statuto ci sono 90 giorni perché i probiviri valutino le espulsioni degli europarlamentari a rischio. E dopo di loro potrebbe arrivare il turno di altri che siedono a Roma. “Fosse per me, sarebbero già fuori”, ringhiava settimane fa una fonte anonima di vertice. Un bel rischio per gli equilibri fragili della stessa maggioranza. E probabilmente sul ponte di comando dei 5 stelle si attende ora sul Mes la presa di posizione di Alessandro Di Battista, non più troppo popolare fra i parlamentari ma che comunque gode di un suo robusto seguito anche fuori dai palazzi romani. In questo momento una lacerazione definitiva con la sua area varrebbe forse una scelta di campo definitiva per il centrosinistra e per il ruolo di “junior partner” nell’alleanza col Pd.

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