Mafia e detersivi, 210 milioni confiscati a imprenditore

9 novembre 2016

Scatta la confisca da 210 milioni di euro per l’imprenditore palermitano Giuseppe Sammaritano, 63 anni, ritenuto vicino a Cosa nostra che ne avrebbe garantito l’ascesa nel settore dei casalinghi e dei detersivi. Quattro anni prima, nel luglio 2012, la Guardia di finanza aveva sequestrato il patrimonio dell’uomo, gia’ indagato, tra il 2008 e il 2009, per associazione mafiosa e riciclaggio aggravato, e condannato nel 2007 per favoreggiamento. Secondo indagini del Gico, l’imprenditore della grande distribuzione era in relazione con le famiglie mafiose della Noce, di Torretta e di Carini. Di lui hanno parlato diversi collaboratori di giustizia e il suo nome emerge anche da alcuni “pizzini” sequestrati al boss Salvatore Lo Piccolo.

Tra i beni sottratti definitivamente all’imprenditore, sei societa’ operanti nel settore della grande distribuzione di detersivi e prodotti per la casa tra Palermo e Carini, 6 terreni tra Palermo e Partinico, 36 fabbricati di diversa tipologia tra Palermo, Partinico, Trappeto e San Vito Lo Capo (Trapani), due auto, una Mercedes e un’Audi, e disponibilita’ finanziarie per circa 7 milioni di euro. A carico dell’imprenditore, tra l’altro, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Calogero Ganci, che lo ha definito come persona “vicina” alla famiglia mafiosa del quartiere palermitano della Noce, della quale avrebbe messo a disposizione le sue attivita’ imprenditoriali, nel 1995, per il reimpiego di oltre 300 milioni di vecchie lire di provenienza illecita. Di analogo tenore le dichiarazioni del pentito Francesco Giuseppe Briguglio, per il quale l’imprenditore, in rapporto con soggetti del mandamento di Pagliarelli, nel periodo di transazione dalla lira all’euro aveva consegnato a esponenti di spicco di Cosa nostra, per il “cambio”, ben 500 milioni di dubbia provenienza. L’interessamento della famiglia mafiosa di Carini per le attivita’ economiche dell’imprenditore e’ emerso, invece, dal contenuto di alcuni ‘pizzini’ in possesso di Lo Piccolo al momento della sua cattura. Uno dei messaggi, poi riscontrati con intercettazioni telefoniche e ambientali, faceva riferimento all’acquisizione da parte dell’imprenditore di alcuni immobili e al versamento a Cosa nostra di 200 mila euro a titolo di mediazione per l’acquisto del capannone di un’azienda dismessa nell’area industriale di Carini.

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