Manovra inevitabile, Ue già pronta

14 agosto 2014

Debito pubblico in aumento, consumi al lumicino, deflazione, entrate tributarie in calo e disoccupazione in crescita. Sono questi i macigni che gravano sul governo Renzi. I dati reali stanno venendo alla luce in questi giorni e smentiscono le previsioni del Def. Il Documento di economia e finanza che è l’architrave della legge di Stabilità, con le previsioni per l’anno in corso e per il 2015, dovrà essere riscritto. A fronte di questo scenario una manovra correttiva sembra inevitabile anche se dal ministero dell’Economia si moltiplicano le smentite e le rassicurazioni. Non solo. C’è il rischio che sia proprio Bruxelles a dettare le misure per riportare i conti nel giusto binario. Una sorta di commissariamento più o meno mascherato. In caso contrario, qualora Renzi dovesse fare resistenza, per convincerlo c’è sempre la minaccia dell’avvio di una procedura d’infrazione. D’altronde l’Unione europea non può permettersi una nuova ondata speculativa mentre lo scenario economico generale è ancora fragile. Insomma l’Eurozona non può rischiare un nuovo caso-Italia dopo che la Spagna è stata rimessa in sicurezza e la Grecia ha faticosamente evitato il default. La necessità di una manovra correttiva indicata da pochi numeri. Innanzitutto l’andamento del pil: secondo l’Istat nell’ultimo trimestre è sceso rispetto al precedente dello 0,2% mentre rispetto allo stesso del 2013 dello 0,3%. Moody’s ha stimato per il 2014 un pil in calo dello 0,1%.

Con questo andamento della crescita sarà impossibile centrare l’obiettivo indicato da Renzi di un deficit al 2,7% del pil. Il premier stesso parlando al Financial Times ha confermato che si cammina sul filo del 3%, intorno al 2,9%. Anche per il debito le previsioni del governo sono saltate. Il valore di giugno (2.168,4 miliardi) è di oltre 27 miliardi più alto rispetto a quanto è scritto nel Def.le stime di Moody’s per il 2014 indicano un rapporto tra il debito e il pil del 136,4% superiore al 135,6% indicato dal ministro dell’Economia Padoan. Ci sono poi le cifre capestro della disoccupazione. Secondo l’Istat è al 12,3% e al 43,7% per i giovani. Il governo continua a ripetere che non ci saranno nuove imposte e che tutta la manovra sarà a base di tagli alla spesa: 16-20 miliardi per il 2015 e 32 miliardi per il 2016. Nessuna correzione a settembre ma un forte intervento a ottobre quando saranno ridisegnati gli assetti per il prossimo triennio.

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L’obiettivo del breve termine è spendere i fondi europei e sottrarre il cofinanziamento dei fondi Ue al Patto di Stabilità. La sfida con l’Europa sarà di presentare a Bruxelles un piano di riforme, in particolare di tagli, e ottenere non sconti ma tempi più lunghi per rientrare nei parametri indicati dai patti. Ovvero quello 0,5% al massimo di deficit strutturale, che tiene conto cioè del ciclo economico avverso, che l’Italia quindi potrebbe sforare nel 2015. Agire con nuove tasse appare una strada non percorribile (si rischia di comprimere ancora di più i consumi), quindi tutto sarà a base di un giro di vite alla spesa pubblica. Cominciando dalla riduzione delle detrazioni e delle deduzioni. Nel mirino ci sono i sussidi alle imprese che vanno razionalizzati e, soprattutto, gli acquisti di beni e servizi da parte dello Stato. Questo capitolo della spesa pubblica, in gran parte governato dalla Consip, vale 132 miliardi l’anno. Altra ipotesi sul tappeto è il dimezzamento delle municipalizzate. Le centrali appaltanti (che oggi sono circa 30 mila) saranno polverizzate e ridotte al massimo a quota 40.

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