Mattarella al bivio, 12° Presidente o 2° Re della Repubblica

Mattarella al bivio, 12° Presidente o 2° Re della Repubblica
16 febbraio 2015

di Giovanni Tortorolo

Sergio Mattarella ha assunto il 3 febbraio scorso l’incarico di dodicesimo presidente della Repubblica italiana. Nel discorso davanti al Parlamento (integrato dai delegati regionali) che lo ha eletto, il nuovo primo cittadino ha dedicato poco o niente al palazzo e ai poteri della Repubblica, richiamando semplicemente il ruolo che la Costituzione italiana affida al capo dello Stato rispetto alle altre Istituzioni. “Il capo dello Stato deve essere e sarà – si è impegnato il presidente – un arbitro imparziale, i giocatori lo aiutino con la loro correttezza”. Questo semplice, quasi banale, richiamo del dettato costituzionale è stato per la gran parte il titolo dei grandi mezzi di informazione del Belpaese sul discorso di Mattarella. Ed il più commentato ed applaudito da politici e analisti politici. Ma il discorso di Mattarella è durato trentuno minuti mentre il tempo dedicato ai poteri del palazzo è stato inferiore ai sessanta secondi. La restante mezz’ora e rotti Mattarella l’ha dedicata ad altro: l’attuazione nella vita di ogni giorno dei diritti costituzionali dei cittadini, di cui il presidente vuole provare ad essere garante. Banalità anche questa? Fino a un certo punto, ammesso e non concesso che Mattarella voglia fare sul serio.

I PREDECESSORI Lo si capirà abbastanza presto dai suoi primi atti, a secondo che siano diretti a smantellare o a consolidare quella impressionante struttura di governo parallelo che è nata al Quirinale e che, in particolare nei nove anni di presidenza Napolitano, ne ha fatto un vero e proprio nuovo potere politico di fatto al pari di Governo e Parlamento. Forse anche superiore ad essi perché non responsabile verso alcuno del proprio operato, se non per i casi estremi al limite della impossibilità di comprovato attentato alla Costituzione e/o alto tradimento da parte del signor presidente. Il potere politico del Quirinale e la struttura che per esercitarlo è nata – e che si è radicata, in un costante crescendo, da Sandro Pertini a Giorgio Napolitano, passando per Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi – è oggi una macchina che funziona e guida, in parallelo a Governo e Parlamento, la politica estera, quella interna di sicurezza, quella di giustizia e finanche quella legislativa. Uffici, persone, funzionari e consiglieri di altissimo livello del presidente sono soggetti che oggi esercitano di fatto notevolissimi poteri politici e che ora sta a Sergio Mattarella decidere come gestire. Se seguirà le orme dei suoi predecessori – in particolare dell’ultimo – difficilmente potrà essere coerente con il suo impegno programmatico a tenere la presidenza della Repubblica sopra e fuori dalla politica di tutti i giorni del palazzo.

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L’APPARATO Se invece avrà la forza di smantellare l’imponente e potente apparato politico del Quirinale o di convertirlo in altrettanti uffici per la concreta realizzazione degli inattuati diritti costituzionali dei cittadini (allo studio, alla salute, alle parità di accesso, alla lotta all’emarginazione e alle discriminazioni, solo per stare ad alcune delle citazioni fatte da Mattarella nel suo discorso di insediamento) determinerà uno strappo forte contro la tendenza, ormai entrata anche nella dottrina costituzionale, di ritenere la presidenza della Repubblica come un caso pressochè unico al mondo di “regno repubblicano”: un sistema di fatto simil-presidenziale innestato su una forma di governo parlamentare, senza alcuno dei contrappesi e dei limiti per il presidente tipici dei sistemi presidenziali. Il dibattito è aperto e Mattarella è atteso da subito alla prova dei fatti. In molti e con contrapposte speranze e obbiettivi, tengono i riflettori più che puntati sul Quirinale. Non è un caso se in poche settimane di vita fra gli addetti ai lavori sta facendo molto discutere il libro “Il Re della Repubblica, cronaca costituzionale della presidenza” di Giorgio Napolitano” (Mucchi editore, 150 pagine, 18 euro, gennaio 2015), scritto dal costituzionalista Gino Scaccia, ordinario di diritto pubblico all’Università di Teramo e docente di diritto costituzionale alla Luiss di Roma, nonché dal 1996 al 2013 consulente della Corte Costituzionale. Il titolo del libro racchiude il messaggio contenuto in una rigorosa analisi scientifica sui profili di stretta costituzionalità degli atti e delle decisioni di Giorgio Napolitano.

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IL LIBRO Il saggio, pur non disconoscendo l’esistenza di una “ragion di Stato” che ha motivato una dilatazione dei poteri presidenziali durante il novennato appena concluso, dubita però che tali poteri possano ritornare nel loro originario alveo. E con ciò smentisce la vulgata che vuole i poteri politici del presidente estendersi e ridursi come una fisarmonica a secondo della persona che incarna l’istituzione, giungendo alla conclusione che nelle stanze del Quirinale si sta materializzando, passo dopo passo, strappo dopo strappo, un Re repubblicano. Che farà ora Mattarella? La prima scelta è stata all’insegna non solo di sobrietà ma anche di un restringimento. Ha fatto chiudere il suntuoso appartamento ai Bastioni del Quirinale, fatto riaprire dopo i primi tre anni da Giorgio Napolitano e dalla signora Clio per andare a vivere in quello assai più ristretto (circa 110 mq) e più adatto ad un uso foresteria nel corridoio della Manica, adiacente agli uffici. Lo stesso appartamento a cui si appoggiavano a palazzo Carlo Azeglio Ciampi e donna Franca, quando non facevano rientro la sera nella loro abitazione romana. Sistemata la casa è il momento di pensare all’ufficio.

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