Maxi processo No Tav, 38 condanne scontri 2011. Niente attenuanti sociali. Protesta a Torino

Maxi processo No Tav, 38 condanne scontri 2011. Niente attenuanti sociali. Protesta a Torino
17 novembre 2016

Niente “attenuanti sociali” per i No Tav. Quando gli attivisti si scontrarono con le forze dell’ordine in Valle di Susa, nell’estate del 2011, non si stavano ribellando a un’ingiustizia e non agivano “per motivi di particolare valore morale o sociale”. Dice anche questo la Corte d’appello di Torino nella sentenza con cui condanna trentanove imputati del maxi processo ai No Tav. Le pene più alte restano inchiodate a 4 anni e 6 mesi di carcere (una delle quali per Paolo Maurizio Ferrari, 71 anni, ex brigatista). C’è qualche leggero ridimensionamento e ci sono quattro assoluzioni e proscioglimenti in più rispetto al primo grado, ma il totale delle condanne ammonta a circa 128 anni di carcere. Per questo uno dei difensori, Claudio Novaro, parla di “piccolo passo avanti che però non basta”.

E’ il procuratore generale del Piemonte, Francesco Saluzzo, a mettere l’accento sulla questione sociale. “Contro il riconoscimento di quell’attenuante – spiega – mi sono battuto duramente. Un conto è la protesta pacifica contro un’opera come la nuova ferrovia Torino-Lione, che è del tutto legittima e può anche avere un grande valore, un conto sono le violenze”. Perché il problema, secondo il magistrato, che in aula ha sostenuto l’accusa in prima persona, è che non bisogna giustificare comportamenti “antidemocratici e antilibertari”. “Ci sono frange e gruppuscoli – è l’opinione di Saluzzo – che hanno fatto della violenza un sistema che gira per l’Italia e l’Europa ma non ha nulla a che vedere con il dissenso. E non si possono paragonare a quelle figure che, nel nostro passato, si sono opposte a regimi tirannici. Ma se i giudici avallano certi comportamenti lo Stato rischia di avvicinarsi pericolosamente alle Farc”.

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Il maxi processo, terminato oggi, ruotava attorno alle “attenuanti sociali”. Due le giornate al vaglio della Corte: quella del 27 giugno, quando le forze dell’ordine sgomberarono a forza di lacrimogeni il grande presidio No Tav a Chiomonte per fare posto al cantiere, e quella del 3 luglio, quando ci fu un imponente assalto alle recinzioni. Secondo la sentenza non ci fu provocazione da parte dello Stato e le polizie si comportarono correttamente. “Le azioni dei No Tav – ha detto l’avvocato Claudio Novaro – erano il frutto della rabbia di chi non vede riconosciute le proprie ragioni. Questa sentenza non tiene conto del contesto”. Critiche alla decisione dei giudici arrivano dal M5S. “E’ grave – commenta Francesca Frediani, consigliera regionale – che non sia stata ancora riconosciuta l’azione di protesta collettiva di una popolazione contro un cantiere illegale realizzato contro il consenso del territorio”. Frediani ha anche partecipato a un corteo spontaneo organizzato dai No Tav nel centro di Torino subito dopo la sentenza. C’era anche Nicoletta Dosio, storica pasionaria, nonostante dovesse essere agli arresti domiciliari in Valle.

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