Niente quorum, Orban fallisce obiettivo. Ungheria non chiude porte ai migranti

Niente quorum, Orban fallisce obiettivo. Ungheria non chiude porte ai migranti
2 ottobre 2016

di Maurizio Balistreri

orbanVince il no, ma è stato mancato il quorum necessario per rendere valido il referendum in Ungheria voluto dal premier ungherese Viktor Orban (foto) sul sistema di ricollocamento dei migranti deciso dall’Ue. L’Ungheria, quindi, almeno per ora, non chiuderà le porte ai migranti. O forse sì, l’ultima parola spetta ovviamente al premier Viktor Orban. Anche se il referendum da lui fortemente fortemente voluto per bocciare il piano Ue di ridistribuzione, si è risolto in un nulla di fatto. Il quorum non è stato infatti raggiunto. I votanti sono stati il 43,42% degli aventi diritto (quindi sotto la soglia del 50%). Di questi il 95% pari a 3,2 milioni di elettori, ha detto “no” alle quote previste dal piano di Bruxelles, mentre solo 168mila hanno votato “sì”. L’opposizione aveva invitato a boicottare le urne. Tuttavia, Il capogruppo parlamentare del partito di governo “Fidesz”, promotore della consultazione, Lajos Kosa, ha confermato quanto detto in mattinata dal premier e leader dalla formazione, Viktor Orban: il referendum contro la ripartizione dei migranti in base a quote obbligatorie Ue avrà comunque effetti legislativi in Ungheria. Anche se non e’ stato raggiunto il quorum, “ci saranno comunque conseguenze perché oltre 3 milioni hanno votato no”, ha aggiunto. Il premier Orban, dopo aver conosciuto l’esito, ha avvertito l’Unione europea: dovrà “tener conto” della consultazione anche se non e’ stato raggiunto il quorum.

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“Il mancato quorum al referendum ungherese mi auguro faccia riflettere in molti: chi semina vento, raccoglie tempesta”, afferma Pier Ferdinando Casini presidente della Commissione Affari esteri del Senato. Da Lampedusa arriva un tweet del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni: “Bello ricevere qui a Lampedusa i risultati del mancato quorum in Ungheria”. Un altro tweet arriva dal vicesegretario del Pd, Debora Serracchiani: “In Ungheria il quorum non c’è ma per l’Europa il problema rimane. Ognuno per sé è la formula della sconfitta di tutti. Inaccettabile”. Sono stati chiamati al voto 8,3 milioni di ungheresi. E’ stato un referendum dal sapore di una consultazione pro o contro Bruxelles. Viktor Orban puntava su un plebiscito. Gli ultimi sondaggi davano in netto vantaggio il fronte anti-quote, soprattutto tra gli elettori di Fidesz e Jobbik, ma restava sempre in dubbio la percentuale di elettori che sarebbero andati alle urne. L’ossessione sulla politica anti-migranti, di cui Orban si è fatto capofila anche in ambito europeo, di certo ha distolto l’attenzione dalle politiche economiche e sociali del governo conservatore. Il partito Fidesz governa il Paese dal 2010 e ha come unico possibile rivale credibile per le prossime politiche del 2018 il partito di estrema destra Jobbik. Le ong avevano lanciato una controcampagna per il boicottaggio del voto. La Commissione europea ha sempre sottolineato che l’esito della consultazione non avrà alcun impatto giuridico sugli impegni presi. “Gli stati membri hanno la responsabilità legale di applicare le decisioni prese”, ha ricordato il commissario alle Migrazioni Dimitris Avramopoulos. Per il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker “se venissero organizzati referendum su ogni decisione dei ministri e del Parlamento europeo, l’autorità della legge sarebbe messa in pericolo”. Il quesito posto agli elettori ungheresi recitava: “Volete che l’Unione europea decreti il ricollocamento obbligatorio dei cittadini non ungheresi in Ungheria senza l’approvazione del Parlamento ungherese?”.

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