Nobel 2021 all’Economia a americani Card, Angrist e Imbens

11 ottobre 2021

Studiare nei migliori licei e università “cambia poco”. L’immigrazione non danneggia granché i redditi degli autoctoni, ma anche questo non cambia granché perché “chi vi si oppone lo fa più per motivi culturali che economici”. Il premio Nobel all’Economia 2021 è stato assegnato a tre professori universitari statunitensi, il primo è David Card, classe 1956, canadese di nascita, e che insegna alla University of California, Berkeley “per i suoi contributi agli studi empirici sull’economia del lavoro”. L’altra “metà” del premio, è stata assegnata congiuntamente a Joshua Angrist, nato nel 1960, che insegna al Massachusetts Institute of Technology e Guido Imbens, classe 1963, olandese di nascita e che insegna alla Stanford University: “per i loro contributi metodologici alle analisi delle relazioni casuali”.

L’annuncio dell’Accademia reale delle scienze di Svezia è come ogni anno l’ultimo della tornata di Nobel, posto che questo premio è stato creato successivamente agli altri, nel 1969 dalla Riksbank, la Banca centrale della Svezia, in occasione del suo 300esimo anniversario, mediante una donazione alla Fondazione Alfred Nobel. Gli studi premiati quest’anno riguardano il come “trarre conclusioni da esperimenti non voluti” (esperimenti naturali), aprendo nuove strade che hanno “rivoluzionato” la ricerca empirica, ad esempio sui legami causa-effetto nel mercato del lavoro ma estendendosi anche a altri ambiti di ricerca. I tre studiosi si sono occupati di temi come l’immigrazione e le sue ricadute su salari e livelli di occupazione, oppure di come il livello di istruzione si ripercuota sul reddito futuro. Temi che a volte è difficile analizzare perché manca la controprova, ad esempio non si può sapere come sarebbero “andate le cose” senza migrazioni. I tre studiosi hanno mostrato che invece si possono fare comunque analisi di questo tipo usando “esperimenti naturali”, basati su casi specifici in cui determinati eventi o politiche hanno finito per generare trattamenti differenziati su gruppi di persone.

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Card, in particolare, ha analizzato gli effetti sul mercato del lavoro di salari minimi, immigrazione e istruzione. E a partire dal 1990 i suoi studi “hanno messo in discussione precedenti assunti, ad esempio mostrano che aumentare i salari minimi non per forza si traduce in meno lavoro”. Temi, quindi, che si potrebbe pensare abbiano assecondato le inclinazioni “politically correct” tanto in voga in bona parte del mondo accademico. Ancor più quando, secondo il Comitato del Nobel, gli studi di Card hanno (o avrebbero) sostenuto che “i redditi delle persone nate in un paese possono beneficiare della nuova immigrazione, laddove coloro che sono immigrati precedentemente possono risentirne negativamente”. Viene perfino il dubbio che i “giudici” si siano spinti troppo nell’interpretare le tesi di Card in senso “buonista”. Almeno a sentire quello che lo stesso neo Nobel ha affermato in una intervista concessa poco dopo gli annunci.

Gli è stato infatti chiesto se i suoi studi mostrassero che l’immigrazione non ha effetti negativi sui redditi. “In realtà non è proprio così – ha candidamente risposto -. Non mostrano che non ci sta nessun effetto, ma che possono esserci piccoli effetti o effetti molti ridotti sui ‘nativi'”. Ma poi “non sono nemmeno tanto sicuro che le ricerche che ho fatto abbiano avuto qualsivoglia ricaduta sul tema della migrazione”, perché da altre analisi condotte, sul perché nel pubblico si formino ampie quote di popolazione contrarie al fenomeno “fondamentalmente emerge che i motivi per cui la gente è contro l’immigrazione sono di natura culturale piuttosto che economica”. Non solo. sempre secondo il comitato del premio Nobel, dagli studi di Card, poi sviluppati da Angrist e Imbens, che ne hanno ulteriormente affinato le metodologie sugli esperimenti naturali, difendendone l’efficacia, “abbiamo anche realizzato che le risorse messe nelle scuole sono ben più importanti di quanto precedentemente stimato per il futuro successo di uno studente”.

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Qui è stato Andrist a ridimensionare le conclusioni affrettate. “Molti, specialmente nel mio ambito, pensano che frequentare licei o università di alto livello sia cruciale per il successo di una carriera. Quello che ho dimostrato, lavorando con Guido, è che spesso questa è una illusione. La gente che ha fatto bene a scuola tende a fare bene nella vita, ma lo farebbe – ha avvertito – indipendentemente da dove è andata a scuola”. Imbens era l’unico presente in diretta, in collegamento, alla conferenza stampa di annuncio. “So che gli esperti si interrogano su quanto velocemente usciremo dalla crisi, non voglio sbilanciarmi su questo ma penso che la sfida più grande sia nelle disuguaglianze dell’impatto che ha avuto sulla popolazione”, ha detto. “Ovviamente (la pandemia) è stato un problema molto molto pesante, penso che la sfida maggiore sia dovuta al fatto che ha colpito in modo disuguale fasce di popolazione e tipi di lavoro”.

“Per alcuni – ha proseguito – è stato facile adattarsi, ad esempio noi professori universitari siamo stati incredibilmente fortunati, mentre in altri settori è incredibilmente difficile”. Per il resto la sessione domande e risposte ha riservato un cliché già visto negli ultimi anni, dato che spesso ad esser premiati sono studiosi statunitensi che vengono regolarmente svegliati nel cuore della notte, per un collegamento in cui vengono loro posti quesiti generici su cui non hanno riposte passepartout (come quelle che sfornerebbero influencer da social media o personaggi simili). Ad esempio, la prima e inevitabile domanda: “che ha pensato, che ha provato quando ha ricevuto l’annuncio?”. “Erano le due del mattino qui, e stavo dormendo – ha risposto il neo Nobel – dopo un weekend in cui sono stato molto impegnato. Sono rimasto sbalordito dalla telefonata, non ho avuto tanto tempo per pensare, e sono assolutamente entusiasta del fatto che sono stato premiato assieme a Card e Angrist, sono entrambi miei amici. Joshua (Angrist) è stato il mio testimone di nozze e sono un tifoso di entrambi. Sono orgoglioso di condividere il premio con loro”.

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Oppure, “cosa farà con i soldi del premio?” (altra domanda che sbuca ogni anno). Il Nobel ammonta a 10 milioni di corone svedesi, o poco meno di un milione di euro ai cambi attuali, metà andrà a a Card, il rimanente verrà suddiviso tra gli altri due accademici. Riposta: “No lo so: non ho nessuna idea di cosa ci farò”. Invece, sul cosa consiglierebbe ai giovani che vogliano studiare economia, l’accademico ha risposto: “è un terreno davvero interessante, puoi esaminare così tante questioni e in così tanti modi. E ci sono così tante cose che non comprendiamo pienamente. Per i giovani – ha concluso – penso che sia una ottima scelta, con tanti settori in cui può servire impegnarsi sia nel pubblico che nel privato”.

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