Paola Regeni: “Mio figlio non era spia ma ricercatore”. E l’Egitto ora segue nuove piste

Paola Regeni: “Mio figlio non era spia ma ricercatore”. E l’Egitto ora segue nuove piste
29 marzo 2016

Paola Regeni, la madre del giovane ricercatore ucciso in Egitto, in una conferenza stampa al Senato chiede ancora con più forza verità sulla morte di Giulio e confida il suo stato d’animo: “Ho pianto pochissimo, ho il blocco del pianto, ho sempre pianto tanto anche sentendo una canzone romantica, ho sempre pianto ai funerali di tutti, ho un blocco totale e forse mi sbloccherò quando saprò cosa è successo a mio figlio”. Di quello che è successo, ha aggiunto, “non me ne faccio una ragione perché non c’è nessuna ragione per quello che è successo. E’ una cosa assurda”. La mamma di Giulio spiega che suo figlio “era andato là per fare ricerca: non era un giornalista, non era una spia. Era un ragazzo contemporaneo che studiava e mi viene da dire del futuro, perché se non è stato capito nella sua apertura al mondo, allora forse è un ragazzo del futuro”.

La Regeni ha raccontato come il volto del figlio fosse trasfigurato dalla violenza quando lo ha visto sul tavolo dell’obitorio a Roma: “Giulio aveva quel bel viso sempre sorridente con uno sguardo e una postura aperta, quando l’ho visto sul letto dell’obitorio l’ho riconosciuto solo dalla punta del naso… Non pensavo di poter riconoscere mio figlio solo dalla punta del naso… Era un viso diventato piccolo piccolo, non vi dico che cosa hanno fatto a quel viso… Su quel viso ho visto il male, tutto il male del mondo si è riversato su lui, l’unica cosa che ho ritrovato di lui è stata la punta del suo naso”.  Alessandra Ballerini, avvocato della famiglia di Giulio Regeni, invece, ha annunciato che “il 5 aprile arriveranno dall’Egitto investigatori di polizia, non aspettiamo ci consegnino il colpevole, non ci aspettiamo l’ultima parola. Per questo chiediamo che l’attenzione rimanga altissima: ci serve che la mobilitazione che chiede verità non si fermi perchè domani potrebbero presentarci altre piste”.

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Intanto proseguono le indagini. Dall’Egitto fanno sapere che “il pubblico ministero e l’apparato di sicurezza stanno allargando il cerchio dei possibili sospetti”. In ogni caso, continua il braccio di ferro tra Roma e Il Cairo per arrivare ad accertare la verità sulla terribile vicenda che ha coinvolto lo studente italiano, scomparso il 25 gennaio scorso e ritrovato morto il 3 febbraio in un fossato alla periferia della capitale egiziana.

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