Parsifal al Massimo di Palermo, un Eroe atteso per 65 anni

® rosellina garbo 2020
25 gennaio 2020

Sessantacinque anni. Tanto è trascorso da un’altra prima palermitana in cui il Parsifal di Wagner apriva la stagione del Teatro Massimo. Ma oggi l’attesa è finita e l’opera ultima del compositore tedesco, le cui ultime note sono state trascritte proprio qui a Palermo, torna a vivere sul Palcoscenico del Massimo. Certo non ci sarà il volo della colomba pacificatrice al termine, non c’è il cigno su cui giunge Parsifal, non ci sono quegli orpelli scenici da film muto cui forse molti nostalgici o tradizionalisti si aspettano di vedere, non ci sarà neanche quella pretenziosità mistica e religiosa di cui spesso l’opera si è, ma forse è meglio dire, è stata, ammantata, ma sicuramente ci sarà Wagner, la sua musica. Una musica che valica e travalica l’umano pensiero e le umane – possiamo anche dirlo – “ipocrisie” culturali e religiose, una musica che valica lo stesso essere del suo stesso compositore, sublimando una figura fin troppo terrena – con i suoi contrasti e piccinerie di uomo – e consacrando l’artista all’eternità.  Il Parsifal palermitano – firmato scenicamente dalla coppia Graham Vick/Tim O’Brien e musicalmente da Omer Mei Wellber – è un Parsifal nudo, nudo nel suo candore innocente, semplice, il puro che può rimarginare le ferite di una terra piagata dagli orrori interiori di chi la abita. Un Eroe/Antieroe, così come lo è stato Sigfried nella Tetralogia che Vick ha firmato sempre a Palermo negli scorsi anni. Un filo conduttore tiene uniti i due progetti la dissacrazione di qualcosa di sacro che è tale perché costruita dagli uomini.

Dice Graham Vick nelle sue note di regia: “Per molti anni Wagner volle che il suo ‘dramma sacro’ Parsifal fosse eseguito solamente nel Teatro di Bayreuth che aveva fatto costruire appositamente. Che fosse inteso come mito freudiano sull’ossessione per la madre, o come parabola buddista, o come trascendimento del desiderio terreno, l’opera in sé divenne un Graal, esposto all’adorazione solo e soltanto di quei membri di un culto di adorazione che volevano, ed erano, in grado di compiere il pellegrinaggio. Una situazione molto diversa da quella odierna, dove i misteri di Parsifal sono disponibili a chiunque con pochi click su Youtube. In questo mondo senza privacy, le società segrete sono giustamente condannate, così come lo è la mascolinità tossica, l’incesto e, grazie a un papa illuminato, l’intolleranza religiosa. Ma in qualche modo, dalle ostilità tra cattolici e protestanti nell’Irlanda del Nord a quelle tra sciiti e sunniti, tra cristiani e musulmani, senza dimenticare la perenne piaga dell’antisemitismo, continuiamo a usare la religione per asserire il nostro tribalismo. Il nostro desiderio di attaccarci a quello che è nostro e di escluderne l’altro sta distruggendo il mondo. Non abbiamo mai avuto tanto bisogno di un Parsifal come ora; speriamo che arrivi presto”. E se Parsifal sarà nudo, nuda, essenziale, nella sua complessità esecutiva, sarà la musica di Parsifal. Privata “dalle incrostazioni che si sono sedimentate sopra la sua musica per arrivare a vedere solamente cosa ha veramente scritto. Andando oltre tutte le sovrastrutture problematiche che vi si sono aggiunte”.

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Questo vuole precisare Omer Meir Wellber, nuovo direttore musicale del Massimo, alla sua prima direzione operistica dopo avere ufficialmente dato vita alla sua carica con il Concerto di Capodanno e l’apertura della Stagione Sinfonica con la Nona di Beethoven. Meir Wellber è stato più che contento di aderire alla richiesta della dirigenza del Massimo di avere il Parsifal come opera inaugurale di questa nuova Stagione – nuova in tutti i sensi – innazitutto “perché il Parsifal è stato terminato proprio qui a Palermo, ma soprattutto – dice – perché è un’opera complessa. Non difficile – precisa – dal punto di vista tecnico quanto da quello più squisitamente espressivo, interpretativo, della ricerca del suono. E qui a Palermo trovo molto più gratificante, interessante lavorare con una orchestra che si entusiasma nella riscoperta di questo modo di lavorare, molto più di quanto non accada ad esempio a Dresda – dove è Direttore ospite principale – dove hanno una familiarità maggiore con certe partiture”. Le sonorità rarefatte, la trasparenza del suono, sono infatti alla base dello studio che Wellber ha fatto per questo Parsifal, che, non si dimentichi, in origine a Bayreuth è eseguito con l’orchestra sotto il palcoscenico con un effetto assolutamente diverso rispetto a quello prodotto da una orchestra in buca. “Le partiture di Wagner – continua a spiegare Wellber – sono estremamente bilanciate, basta quindi suonare quello che è scritto, ma nel modo in cui Lui lo richiede, perché le dinamiche – forte, piano, mezzoforte – sono nelle sue partiture un mondo a parte, completamente diverse da come ad esempio le concepiva Verdi o Puccini. Il suono in Wagner è meno diretto. Dipende anche dalle situazioni, delle scene, dei momenti”.

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Wellber rompe così il tabù wagneriano costruito in più di un secolo di luoghi comuni legati al nazismo e antisemitismo, comprendendo anche la lezione del suo maestro Daniel Baremboim – colui che già 10 anni fa confidava in questo giovane proponendolo come suo assistente a Dresda – per cui l’uomo Wagner deve essere diviso dal compositore. Ecco perché forse Vick e Meir sembrano trovarsi d’accordo sul filo conduttore di un Parsifal Antieroe e in un certo senso “antiwagneriano” nel ritrovare il Vero Eroe e il Vero Wagner. Via quindi alla falsa sacralità, al falso misticismo, e largo alla purezza dei sentimenti, degli intenti, in una Rinascita rigeneratrice. E se Parsifal simbolo deve essere allora è simbolo del Nuovo corso del Teatro Massimo, della Nuova Direzione intrapresa, del Nuovo Rapporto con il pubblico, la città e, diciamolo, il mondo stesso. La Prima, di domenica alle 17,30, infatti sarà trasmessa non solo in streaming sul sito del Massimo, ma verrà trasmessa dalla Fondazione Casa Merilli – Marimò della New York University, sarà trasmessa dal circuito Artè e raggiungerà alcune delle piazze principali dei quartieri di Palermo: da Piazzetta Bagnasco all’Aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo alla Libreria Europa dell’Uditore, sempre a Palermo. Nel ruolo del protagonista Parsifal vi sarà il giovane tenore Julian Hubbard, che debutta in questa occasione il ruolo. Il re Amfortas sarà interpretato da Tómas Tómasson, Titurel da Alexei Tanovitski. Nel ruolo di Gurnemanz debutterà a Palermo John Relyea, mentre il basso Thomas Gazheli, che ritorna al Teatro Massimo dopo essere stato Wotan nella Tetralogia, tra il 2013 e il 2016, sarà il perfido Klingsor. Unica protagonista femminile sarà il soprano francese Catherine Hunold. Le scene sono di Timothy O’Brien, i costumi di Mauro Tinti, movimenti coreografici di Ron Howell, luci di Giuseppe Di Iorio per un allestimento realizzato in coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna.

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