Il Pd vince in 5 regioni ma la Liguria va a Toti. Veneto, vola Zaia

Il Pd vince in 5 regioni ma la Liguria va a Toti. Veneto, vola Zaia
1 giugno 2015

schede legge elezioni

 

Si va verso un 5 a 2. Cinque governatori al centrosinistra, il Veneto alla Lega e un risultato a sorpresa in Liguria dove vince il candidato del centrodestra Giovanni Toti. Dopo le nette vittorie in Toscana con Enrico Rossi, in Puglia con Michele Emiliano e nelle Marche con Luca Ceriscioli, il Pd conquista anche la Campania con Vincenzo De Luca e l’Umbria dove Catiuscia Marini è davanti a Claudio Ricci. In Veneto vittoria scontata per Luca Zaia ma la vera sorpresa arriva dalla Liguria, dove il candidato di centrodestra Giovanni Toti riesce a strappare la regione al Pd. Ottima prestazione dei candidati del Movimento 5 stelle. Il M5s, potrebbe essere il primo partito in Liguria, in Campania e in Puglia. Un 5-2 per il pd, quindi, che allenta le tensioni nel partito ma sembra uno stop per Renzi. Il premier infatti dovrà affrontare ben altre sfide. In primo luogo, preoccupa il dato del partito: il Pd è anni luce dal 41% delle Europee, e non consola il fatto che in molte regioni i consensi siano stati drenati dalle liste dei candidati presidenti. In secondo luogo, bisognerà scegliere quale strategia adottare a livello di alleanze, se in Liguria Giovanni Toti non dovesse varcare la soglia del 35% utile per avere la maggioranza in Consiglio; e questo mentre Michele Emiliamo in Puglia apre ancora ai Cinque Stelle, confermandosi figura difficile da gestire.

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Certo, il quadro che si disegna in tarda notte è più rassicurante delle prime proiezioni, che davano la sconfitta anche in Umbria e dunque un risicato 4 a 3. Ma quando i dati che arrivavano da Perugia vedevano Catiuscia Marini indietro, il nervosismo al Nazareno era palpabile. Le voci che si rincorrevavano parlavano di avvicendamenti al partito, con Lorenzo Guerini alla guida del gruppo della Camera e Luca Lotti o Maria Elena Boschi al suo posto come vicesegretario. E non è detto che basti il 5 a 2 per fermare la voglia di Renzi di mettere mano al partito. “Il dato che preoccupa di più è quello del Pd: certo, c’erano le liste collegate ai presidenti, ma siamo lontanissimi dal 41%”. C’è poi un problema legato ai candidati, anche quelli vincenti: De Luca ed Emiliano sono entrambi figure difficili da gestire, Marini e Rossi appartengono alla vecchia guardia, mentre le candidate di rinnovamento, Moretti e Paita, hanno subito rovesci pesanti. Da qui l’idea di Renzi di cambiare qualcosa al Nazareno.

Voglia che però si scontra con il difficile equilibrio da ricreare: “Lotti a palazzo Chigi segue questioni molto delicate, chi le prenderebbe in carico?”, ragiona una fonte del Pd. E ancora: “Boschi ha dimostrato grandi capacità da ministro, ma sarebbe in grado di gestire un partito come il Pd, soprattutto in una fase delicatissima come questa?”. Insomma, i dubbi sono ancora molti. Domina per ora il risentimento verso la sinistra “masochista”, quella che in Liguria “ha scelto di far perdere il Pd per consegnare la regione alla destra: non mi sembra un grande successo”, dice Guerini. Il mantra renziano si concentra quindi sul governo. In primo luogo, “le Regionali non sono un giudizio sull’esecutivo”, dice subito dopo i primi dati il presidente Orfini. E poi la strada intrapresa non si cambia: “Andiamo avanti con le riforme”, dicono in coro Guerini e Rosato, “continueremo a cambiare il Paese sulla strada che abbiamo intrapreso”.

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