Il Pentagono perde terzo pezzo, via il capo gabinetto

Il Pentagono perde terzo pezzo, via il capo gabinetto
Kevin Sweeney e James Jeffrey
7 gennaio 2019

Il Pentagono perde un altro pezzo, il suo capo di gabinetto, Kevin Sweeney, rimasto a fianco del segretario alla Difesa per due anni. “Ho deciso che e’ giunto il momento di presentare le dimissioni per tornare al settore privato”, ha affermato sul sito web del Dipartimento della difesa la notte scorsa. Sweeney, contrammiraglio, a riposo dal 2014, e’ stato alle dirette dipendenze del segretario alla difesa James Mattis, che lo scorso 20 dicembre ha dato le dimissioni in seguito alla decisione del presidente Donald Trump di avviare il ritiro delle truppe Usa dalla Siria. Si tratta del terzo addio illustre al Pentagono nell’ultimo mese, dopo quelli di Mattis e dell’inviato per la coalizione anti-Isis, Brett McGurk, nominato a suo tempo da Barack Obama.

Kevin Sweeney

Anche McGurk aveva deciso di lasciare l’incarico in disaccordo sul ritiro delle truppe Usa dalla Siria annunciato dal presidente. Al suo posto e’ stato nominato James Jeffrey, che agira’ nella doppia funzione anche come inviato speciale per la Siria. “Dopo due anni, ho deciso che e’ il momento giusto per tornare al settore privato. E’ stato un onore servire insieme agli uomini ed alle donne del dipartimento della Difesa”, ha scritto Sweeney. Il 31 dicembre, nell’ultimo giorno di lavoro di Mattis, si era dimessa anche la portavoce del Pentagono, Dana White. Il nuovo segretario alla Difesa, Patrick Shanahan (ex vice di Mattis), si e’ insediato all’inizio dell’anno, ma qualche giorno fa tre funzionari dell’amministrazione Trump hanno rivelato al New York Times che il presidente starebbe considerando di affidare in futuro l’incarico a Jim Webb, ex senatore democratico (Virginia) e segretario della Marina militare di Ronald Reagan.

Leggi anche:
India alle urne, un voto da un miliardo di elettori

Contrario alla guerra in Iraq, candidato alle primarie presidenziali democratiche del 2016, Webb sarebbe allineato con la posizione di Trump, che vorrebbe ritirare le truppe dal Medio Oriente per concentrarsi in modo piu’ aggressivo sulla Cina. Durante un importante dibattito democratico nel 2015, Webb si scaglio’ contro le azioni di Pechino nel Mar Cinese Meridionale e gli attacchi informatici agli americani. La decisione di Trump ha allarmato diversi Paesi alleati. Il dipartimento di Stato ha precisato che non c’e’ un calendario per il ritiro militare che non lascera’ vuoti a beneficio dei terroristi. Washington ha inoltre assicurato che non ci saranno conseguenze per la protezione e la sicurezza di Israele, ma l’annuncio di Trump ha gia’ prodotto i primi effetti: l’esercito siriano ha preso il controllo di Manbij, nel nord della Siria, dalla quale si erano appena ritirate le milizie curdo-arabe, ripiegate di fronte all’imminente offensiva turca. Il segno di un cambio di alleanze come conseguenza del vuoto di potere lasciato dagli americani.

James Jeffrey

Intanto il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Donald Trump, John Bolton, ha dichiarato che il ritiro militare Usa dalla Siria nord-orientale è condizionato alla sconfitta dei resti del gruppo dello Stato islamico, e sulla Turchia che assicura la sicurezza dei combattenti curdi alleati con gli Stati Uniti. Bolton, che si è recato in Israele per rassicurare l’alleato statunitense del ritiro di Trump, ha detto che non c’è un calendario per il ritiro delle forze americane nella Siria nord-orientale, ma ha insistito che non è un impegno illimitato. “Ci sono obiettivi che vogliamo raggiungere questa condizione di ritiro”, ha detto Bolton ai giornalisti a Gerusalemme.

Leggi anche:
Tensione tra Iran e Israele: Teheran minaccia di attaccare i siti nucleari israeliani

“L’orario deriva dalle decisioni politiche che dobbiamo implementare”. Tali condizioni, ha detto, includevano la sconfitta dei resti dell’Isis in Siria e le protezioni per le milizie kurde che hanno combattuto a fianco delle truppe statunitensi contro il gruppo estremista. I commenti di Bolton segnano la prima conferma pubblica che il drawdown è stato rallentato, poiché Trump ha affrontato le critiche diffuse dagli alleati e le dimissioni del Segretario alla Difesa Jim Mattis per una politica che doveva essere condotta entro poche settimane. Trump ha annunciato a metà dicembre che gli Stati Uniti ritireranno tutte le sue 2.000 forze in Siria. La mossa di Trump ha suscitato il timore di aprire la strada a un attacco turco contro i combattenti curdi in Siria che hanno combattuto al fianco delle truppe americane contro gli estremisti dell’Is. La Turchia considera le Unità di protezione del popolo curdo siriano, o YPG, un gruppo terroristico collegato a un’insurrezione entro i propri confini.

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it


Commenti