Le Province non hanno un euro, Sos scuole e strade

1 agosto 2014

Mentre a Palazzo Madama la politica s’azzuffa sulla riforma di Senato e Titolo V, le Province (ex?) sperano di arrivare all’autunno. Perché le elezioni degli enti a fine mandato sono state cancellate, le Province commissariate, ma non ancora abolite dalla Costituzione. Così tutte le funzioni ad esse attribuite dalla Carta – edilizia scolastica, strade, welfare, centri per l’impiego oltre ad altre funzioni delegate dalle Regioni – restano inalterate in capo alle gestioni commissariali guidate da prefetti, i quali però devono garantire gli stessi servizi senza risorse economiche. Dal governo Monti in poi, gli esecutivi hanno tagliato i trasferimenti alle Province, nonostante queste continuino ad erogare servizi, a dover pagare gli stipendi di centinaia di migliaia di dipendenti in tutta Italia. Solo nella Provincia di Roma i dipendenti sono 2.500; tre le società (Capitale Lavoro, Provinciattiva e Asp) di Palazzo Valentini, due delle quali sono state liquidate dal commissario Riccardo Carpino e i dipendenti confluiti in Capitale Lavoro.

A testimonianza di come le funzioni siano rimaste in capo alle Province, Carpino recentemente ha varato provvedimenti per 17 milioni di euro per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, per la manutezione stradale e per il welfare. A ben guardare, l’unico risparmio conseguito finora è stato quello ottenuto dalle indennità dei presidenti e degli assessori e dai gettoni di presenza dei consiglieri. Parliamo di 78 milioni di euro. Spiccioli rispetto al miliardo sbandierato ai quattro venti del governo e a un debito pubblico di oltre duemila miliardi di euro. Tutte le Province italiane hanno speso l’anno scorso in servizi ai cittadini complessivamente 10 miliardi di euro (l’1,27% della spesa pubblica italiana), contro i 67 dei Comuni e i 164 delle Regioni. La legge Delrio prevede in via transitoria – in attesa della riforma costituzionale – che l’abolizione delle elezioni e la scomparsa del personale politico retribuito azzerato (giunte sostituite da un’assemblea di sindaci e consigli formati con elezioni di secondo livello). Ma le competenze restano inalterate e i decreti attuativi non sono stati ancora emanati.

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LE AREE VASTE
Nel testo di revisione presentato dal ministro Maria Elena Boschi, le Province vengono decostituzionalizzate, ma non spariscono. Diventano enti territoriali di area vasta. Una norma transitoria prevederebbe – se approvata – che a definirne i confini e le funzioni siano le Regioni, le quali dovranno trovare all’interno della propria fiscalità le risorse per finanziare le funzioni attribuite alle aree vaste. Solo nel Lazio le spinte autonomiste potrebbero moltiplicarsi: nel Reatino c’è gi una situazione balcanizzata; Cassino potrebbe chiedere il distacco dalla Ciociaria; stessa cosa per Civitavecchia e il litorale sud Anzio-Nettuno da Roma o il Sud Pontino da Latina. Un rebus difficile da gestire e che potrebbe far lievitare i costi.

LE CITTÀ METROPOLITANE
A partire dal primo gennaio 2015 dieci Città metropolitane sostituiranno definitivamente le Province di Roma Capitale – con disciplina speciale – Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria – che sarà però rimandata alla scadenza degli organi provinciali nel 2016. Di fatto, le Città metropolitane saranno enti governativi che assorbiranno in sé tutte le funzioni delle Province.

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