Punti nascita, in Sicilia le donne in piazza contro chiusura. “Lorenzin dia spiegazioni”

Punti nascita, in Sicilia le donne in piazza contro chiusura. “Lorenzin dia spiegazioni”
13 gennaio 2016

Presidi, raccolta di firme e richiesta di riconsiderare le chiusure dei piccoli punti nascita: sono diversi i comitati spontanei di donne siciliane, sostenuti dalle comunità locali, che protestano in questi giorni contro la decisione del ministero della Salute, resa operativa a cavallo di Capodanno, di chiudere i punti più piccoli (quelli sotto le 500 nascite l’anno) perchè considerati ‘pericolosi’ per la salute delle future mamme e dei nascituri. A Lipari da giorni si raccolgono le firme: “quello che Lipari e le Eolie chiedono – spiega Sara Basile, una delle promotrici del Comitato “Nasciamo a Lipari” – è adeguare una struttura esistente alle esigenze di una maggiore sicurezza, non chiuderla. Basterebbe fare turnare il personale sanitario, potenziare il reparto di Rianimazione, dotarlo di una culla per terapie intensive, dotare Lipari di un centro trasfusionale vero e proprio”. In questa vicenda – prosegue – “vanno considerati diversi aspetti: in primo luogo, il disagio delle partorienti, costrette ad affrontare la solitudine, la lontananza dalle famiglie e i costi di un soggiorno forzato che si può prolungare per settimane, a volte anche mesi”.

Infine in polemica con le scelte del ministero della Salute Basile spiega: “il ministro Lorenzin spieghi perché in alcuni casi (Licata, Bronte, Pantelleria in Sicilia, ma anche Ischia, Portoferraio all’Elba tra le isole minori) questa soglia non è stata ritenuta necessaria”. Da Petralia Sottana Eliana Polizzi spiega: “l’anno scorso a Petralia ci sono stati 124 parti e 300 (circa) interruzioni di gravidanza. Nessuno ha avuto problemi dopo la chiusura: le gestanti sono state trasferite direttamente a Termini senza complicazioni per le madri né per i bambini. Ma mi chiedo: e se fosse arrivata una partoriente con una situazione complicata e a rischio? E se, oltre la strada già lunga e dissestata, quella donna avesse dovuto anche affrontare ghiaccio e neve? L’elicottero funziona, ma chiaramente non potrebbe partire con condizioni meteo avverse. Il disagio è davvero enorme e i rischi sono tanti”. Infine da Mussomeli, Rosalinda Amico spiega che: “si iniziò il 13 gennaio 2014 con l’occupazione dell’aula consiliare e l’istituzione di un comitato “Giù le mani dall’Ospedale”, creazione del gruppo Facebook e relativa pagina che esiste tutt’ora. Si è organizzata inoltre una raccolta firme a cui hanno partecipato non solo i 17 comuni interessati ma anche coloro che risiedono all’estero e in altre città con il raggiungimento di 15500 firme circa”.

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Intanto, i sindaci di Lipari, Santo Stefano di Quisquina e Mussomeli sono stati ascoltati oggi dalla commissione Salute dell’Ars. Alla presenza dell’assessore Gucciardi si è discusso della deroga chiesta dalla Regione alla chiusura dei punti nascita sotto i 500 parti l’anno, fermo restando i livelli essenziali di sicurezza. Deroga in atto concessa dal ministro Lorenzin soltanto ai comuni di Bronte e Licata. “La decisione del Governo non convince i sindaci dei comuni interessati alle chiusure – spiega il vicepresidente della commissione, Gino Ioppolo -. E’ necessario che l’assessorato alla Salute riverifichi, insieme al Ministero, i criteri oggettivi per la permanenza in funzione dei quattro reparti che il Ministro ha chiuso con decorrenza dal primo gennaio 2016”. “In particolare va certamente rivalutata la situazione di Mussomeli, il cui reparto opera da oltre 40 anni senza far registrare particolari disfunzioni – spiega Ioppolo -. Si tratta di un comune situato ad 800 metri dal livello del mare che si ritrova a dover fare i conti con strade dissestate e lunghi tempi di percorrenza. Il Governo non deve ritenere chiusa la questione del punto nascita, ma deve verificare le condizioni per una deroga, evitando di mettere a rischio la salute delle madri e dei nascituri”.

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