Quattro chiacchiere con Falstaff, Nicola Alaimo svela i segreti del personaggio e non solo

Nicola Alaimo
23 febbraio 2020

Falstaff…. Chi è Falstaff? E’una figura comica? Una figura tragica? “Difficile descriverlo in due parole. Falstaff è un crogiuolo, una marea di sentimenti. Ha tutto nella sua personalità: la comicità, la tragicità, la solitudine, l’illusione, la delusione… C’è un mondo in Falstaff, racchiuso in tre ore di capolavoro. Boito ha trasfuso nel libretto perfettamente lo spirito che anima Le allegre comari di Shakespeare”. La passione, ma anche l’affetto, trasuda dalle parole, dai gesti, dall’espressione di Nicola Alaimo, baritono palermitano, che nella sua città debutta il grande ultimo ruolo verdiano, al Massimo. Alaimo con Falstaff ha ormai una amicizia stretta, quasi simbiotica, che dura dal 2006 quando fece la prima volta il ruolo al Teatro di Pisa, un rapporto così stretto che nel 2016 gli è valso il Premio Abbiati, con la produzione di Robert Carsen a La Scala.

 “A Pisa…. – ricorda – Ero piccolo, troppo piccolo. E sono stato stroncato. Giustamente! Avevo sottovalutato il personaggio – continua a raccontare Nicola con grande sincerità – ne avevo colto solo l’aspetto gigionesco, comico. Il tempo e le diverse produzioni in cui ho cantato mi hanno consentito di maturarlo sia dal punto di vista interpretativo che, soprattutto, da quello vocale”.

“Cantare Falstaff a 26/27 anni e – Alaimo tossisce un po’ imbarazzato e scaramantico, strabuzzando gli occhi dietro le lenti sottili degli occhiali e con una piccola smorfia, prima di confessare la sua attuale età – a quasi 42 è molto diverso”.

Cosa, chi e come ti hanno fatto maturare questo ruolo

Il tempo gioca sicuramente una parte importante. L’anno dopo quella stroncatura ho avuto l’occasione di rifare Falstaff a Berna… e tutto è stato diverso. Devo molto a quella produzione. La regia era di Eike Gramms che mi ha, per così dire, aperto aperto il mondo Falstaff, mettendomi a conoscenza di tutti i suoi segreti. Conosceva il personaggio in ogni suo aspetto. Due mesi intensi di prove con un maestro shakespeariano quale lui era ed è stato, mi hanno permesso di conoscere ogni più intimo pensiero e azione di Sir John, rendendomi strettamente connesso ad esso. Grazie a lui ho compreso come la tragicità di Falstaff”.

Una tragicità che Verdi ben dipinge nell’aria del terzo atto.

“Esattamente. Mondo reo, mondo rubaldo… è esattamente il momento in cui Falstaff dimostra tutta la sua solitudine, la sua delusione. Più che arrabbiato è amareggiato. E’ più che mai consapevole della sua vecchiaia: si rende conto che è un uomo vecchio e che sta morendo. Questo momento viene però superato da Verdi che fa terminare l’opera in Do Maggiore, con una grande risata. Nel Tutto il mondo è burla finale troviamo veramente tutta la genialità di Verdi come compositore e Boito come librettista”

Ora, allora che puoi dire di conoscerlo a fondo cosa ti attrae, o disgusta anche, del personaggio Falstaff?

“No, assolutamente, nulla potrebbe disgustarmi. Certo, se vogliamo, quel suo essere tronfio nelle sue esternazioni con l’altro sesso potrebbe essere un po’’ fastidioso. Ma, tutto sommato, se lo analizziamo bene, Falstaff è un uomo colto, conosce bene le sfumature della lingua e lo dimostra nella lettera che scrive a Meg e Alice: e parole sono eleganti, raffinate, tese a conquistare un cuore… certo l’errore sta nello scrivere le stesse parole ad entrambe scatenando cosi il sentimento di vendetta”.

Si certo, però esagera

“Esagera perché in fondo dietro l’arroganza, le arie da gran seduttore, non c’è che la solitudine. In fondo Falstaff mi fa un po’ pena, è da compiangere, commiserare un po’, se non che alla fine, lui stesso, finisce a ridere del suo modo di fare insieme a tutti gli altri”.

Solitamente Falstaff per i baritoni è il ruolo della maturità, come carriera, per te invece è stato l’esatto contrario

“Beh sì. Quando me lo hanno proposto nel 2006 a Pisa forse avrei dovuto rifiutare, ma non lho fatto. Forse perché, come diceva Nello Santi (direttore d’orchestra recentemente scomparso – ndr) ci sono “ruoli che si sanno, non che si fanno” – ed io Falstaff lo sapevo. Forse perche lo avevo visto studiare e fare allo zio Simone (Simone Alaimo, basso – ndr). Fatto sta che me ne sono innamorato. Fa parte di quei personaggi di cui non puoi fare a meno”.

Ed in effetti Nicola Alaimo sembra proprio tagliato per il ruolo di Falstaff: la sua vis comica, l’ironia che lo contraddistingue, ma anche quella tristezza che gli si legge negli occhi, un certo modo di schernirsi, che subito maschera con una roboante risata, od un sorriso aperto. Un po’ sbruffone, un po’ tenero, estremamente sensibile. Sensibilità che lo porta a scandagliare tra le pagine operistiche alla ricerca appunto di quei ruoli di cui non può fare a meno.

Uno di questi personaggi può essere ad esempio Rigoletto, debuttato la scorsa estate in Francia.

“Rigoletto… E’ un debutto che avrei voluto fare da tempo, ma mi sono sempre frenato, ho rimandato, perché la paura prendeva il sopravvento. In più – dice sorridendo – avevo i miei zii che mi stavano dietro con il fucile puntato dicendomi “Guai a te!”. Sino a quando l’anno scorso non ho disubbidito, ho fatto di testa mia, e l’ho debuttato a Marsiglia. Ed ora lo metto di nuovo da parte”.

Perché? E’ stato un successo enorme

“Semplicemente non è nei miei programmi, almeno per i prossimi cinque anni. Mi sono voluto togliere un capriccio e l’ho fatto”.

Gli zii avevano allora ragione?

“Avevano ragione, sotto certi aspetti. Ma alla fine ho vinto io”.

Altri ruoli che hai debuttato e lasciato subito?

“Iago, in Otello. Dodici anni fa. Una proposta che non potevo rifiutare. Me lo ha chiesto Il Maestro (Riccardo Muti, ndr), per il Festival di Salisburgo e non ho saputo dire di no. Ero il doppio di Carlos Alvarez (baritono spagnolo, ndr) e cosi ero un po’ più coperto. Ma anche lì ero troppo giovane per un personaggio come Iago. Ora sarebbe diverso”.

Quindi Iago tornerà?

“Tornerà. Più forse di Rigoletto”.

Al nome Rigoletto percepisco un certo timor panico

“Direi terrore. Mia moglie mi dice sempre: “Ma perché devi soffrire, penare. Sei nato con Rossini, questo repertorio ti è tagliato addosso. Perché te le vai a cercare?” Ancora devo trovare una risposta”.

Rigoletto quindi no. Ci sono altri ruoli cui diresti ancora No?

“Guarda, io, in un certo senso, ho pagato per alcuni miei No. Rifiuti del resto giustificati, perché non mi sentivo pronto, perché si trattava di ruoli che non sentivo nelle mie corde, non al momento almeno. Per raccontare un episodio. Mi avevano proposto Ezio in Attila al Metropolitan, si trattava del mio debutto in un ruolo importante al Met, dopo quello di Paolo nel Simone del 2011, ma ho rifiutato perché avrei voluto debuttare con un ruolo più adatto a me, un ruolo rossiniano ad esempio. Non è stato possibile”.

Il personaggio di Ezio però sembra segnerà uno dei nuovi debutti del 2021. Recente è stato infatti l’annuncio che Nicola Alaimo vestirà i panni del Console Romano antagonista di Attila nella produzione che la Lyric Opera di Chicago metterà in scena tra Gennaio e Febbraio della prossima stagione.

Per continuare la scia verdiana cosa hai in programma?

“Due nuovi ruoli nel 2022: Nabucco a Ginevra e Macbeth a Marsiglia”.

Di nuovo Marsiglia?

Ride prima di rispondere. “Sì, è il teatro che mi fa le proposte indecenti”.

Davvero?

“No, in realtà mi hanno chiesto cosa avrei voluto fare, io ho proposto Macbeth e loro hanno accettato”.

Ma allora ha ragione tua moglie. Sei tu che te le cerchi

“Sono terrorizzato… Ma mi lascio conquistare dai personaggi… non posso farci nulla”.

E chi altro ti affascina?

“Mustafà (Italiana in Algeri di Rossini – ndr.) che sto cominciando a studiare con zio Simone”.

E zio Simone che dice del nipote?

“Che sono pigro e disubbidiente. Ma dice anche che sono la sua continuità. E questo mi inorgoglisce”.

Nicola Alaimo non si smentisce e con la sincerità che lo contraddistingue chiude in burla e con un moto di orgoglio questa chiacchierata nel ridotto del Teatro Massimo dove questo pomeriggio vestirà ancora una volta i panni di Sir John Falstaff. Chi lo volesse applaudire non perda tempo restano le recite di oggi, del 25 e del 27 febbraio.

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