Renzi, lo chef, il Pd e le sindache a 5 stelle

22 giugno 2016

di Sarina Biraghi*

sarina_biraghi_defRoberto Giachetti usa le parole e la malinconia di Pessoa per descrivere il suo stato d’animo dopo la pesante sconfitta a Roma: “Il mio desiderio e fuggire. Fuggire da ciò che conosco, Fuggire da ciò che è mio, fuggire da ciò che amo. Desidero partire: non verso le Indie impossibili o verso le grandi isole a Sud di tutto, ma verso un luogo qualsiasi, villaggio o eremo, che possegga la virtù di non essere questo luogo. Non voglio più vedere questi volti, queste abitudini e questi giorni. Voglio riposarmi, da estraneo, dalla mia organica simulazione”.
Matteo Renzi, invece, passata a’ nuttata non usa il lanciafiamme ma si presenta ai giornalisti scanzonato e sorridente (almeno all’apparenza) con lo chef Massimo Bottura, il cui ristorante di Modena è stato indicato come il migliore del mondo nel 2016 secondo “The world’s 50 best restaurants”. Un’occasione informale per parlare dell’esito del voto con qualche battuta perché l’analisi vera si farà venerdì nella direzione del partito ma le parole che usa Renzi sono le stesse di Grillo: “Non credo che sia stato un voto di protesta quello di ieri, ma di cambiamento, ha vinto chi ha saputo interpretare meglio il bisogno di cambiamento”. Il pentastellato aveva aggiunto che “si era svegliato da una allucinazione, la missione impossibile è riuscita”. Renzi ha poi ribadito il mantra di questa campagna elettorale cioè che è stato un voto locale in soli 1300 Comuni, i risultati sono stati diversi e i dati molto frastagliati.

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Un voto con valenza territoriale “ma l’elemento nazionale forte è la vittoria dei Cinque stelle contro di noi”. Il premier e segretario affronterà venerdì in direzione i temi di partito. Mentre la minoranza Pd afferma che è “ora di resettare tutto” è chiaro che Renzi non è più portatore sano di novità ma soprattutto come il Pd non parla al suo interno non riesce più a parlare con il suo popolo. Il Pd di Renzi, l’uomo solo al comando, esce disastrato da questo ballottaggio e l’autosufficienza e il decisionismo renziani sono diventati un’arroganza indigeribile dagli elettori. Qualcuno ha anche affibbiato le colpe ad un tripolarismo che porta a sbattere uno dei tre soggetti contro l’allenza degli altri due. Ma tant’è. Il vento di cambiamento suona l’allarme per i partiti tradizionali, per gli apparati e i loro uomini. Meglio i Movimenti, specie quello a 5 stelle. L’avevamo scritto: tre donne potevano mettere paura al rottamatore. Ma sono andate oltre: la Bergonzoni ha costretto al ballottaggio il sindaco della rossa Bologna, l’Appendino ha schiantato Fassino convinto di vincere, la Raggi ha conquistato il Campidoglio, prima volta per una donna. Gli occhi del mondo sono puntati sulla Capitale. Finalmente non per la monnezza ma per una giovane e agguerrita sindaca a 5 stelle. *Condirettore de Il Tempo

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