Riforme, minoranza Pd rilancia modifiche. E Renzi sbotta: non accetto veti

Riforme, minoranza Pd rilancia modifiche. E Renzi sbotta: non accetto veti
7 agosto 2015

di Giuseppe Novelli

Archivata la questione Rai, si riaccende lo scontro tra Renzi e la minoranza Pd sulle riforme costituzionali. E il fronte aperto è sempre quello che riguarda l’elettività del nuovo Senato. Un gruppo di 28 senatori dem ha infatti ribadito che presenterà una decina di emendamenti per modificare il testo che è all’esame della commissione Affari costituzionale di Palazzo Madama, ma il premier avverte: “Io sono disponibile a dialogare con tutti, ma non ci facciamo fermare da nessuno. Non possiamo permettere a chicchesia di mettere veti, è in ballo una idea di modernizzazione del paese”.

I senatori della minoranza lamentano di aver proposto più di un mese fa un “documento intitolato ‘Avanti con le riforme costituzionali’ che a tutt’oggi non ha ricevuto alcuna risposta dal segretario del Pd e dai presidenti dei Gruppi parlamentari di Camera e Senato”. Di conseguenza “saranno depositati, entro la scadenza del termine fissato, una decina e più di emendamenti, sui quali è stata apposta la firma fino al numero di 28 senatori”. “Con la presentazione degli emendamenti non cambia niente – ha replicato Renzi al termine del Consiglio dei ministri -: si voteranno e vedremo chi ha i numeri”.

La polemica interna si trasferisce all’esterno del Pd con l’intervento del presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, che in una lettera al Corriere della sera lancia un altolà alle modifiche: “sulle riforme non si può tornare indietro”, dice Napolitano, secondo il quale “la scelta è quella della natura del nuovo Senato con cui si intende porre termine alla stortura storica del bicameralismo paritario, dando vita a un Senato che rappresenti le istituzioni territoriali”. L’ex presidente lancia anche “un forte appello a quanti continuano a esprimere orientamenti così rischiosi per le sorti di una già troppo tardiva riforma costituzionale” e auspica che “non si sovrappongano a un confronto che resti nei limiti di una doverosa responsabilità comune, contrapposizioni politiche distruttive e puri artifizi polemici”. Qualcuno legge in queste parole un avvertimento perfino al presidente del Senato, Pietro Grasso, che dovrà pronunciarsi sull’ammissibilità degli emendamenti. Ma Napolitano fa diffondere una nota dal suo ufficio da senatore a vita in cui spiega che “si tratta di un abbaglio, se non di una gratuita alterazione dei fatti” perchè nella lettera “nulla è riferito a posizioni o a responsabilità del Presidente del Senato”.

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Napolitano viene difeso da Renzi e dal capogruppo Pd Luigi Zanda, ma criticato dai forzisti Brunetta e Gasparri, secondo i quali “il suo intervento non aiuta il dibattito”. Anche Area Popolare con Gaetano Quagliariello annuncia i suoi emendamenti: “pochi ma significativi per migliorare la riforma su punti qualificanti senza disfare la tela”, e rilancia l’ipotesi “di consentire, nell’ambito delle elezioni regionali, l’indicazione dei consiglieri destinati alla carica di senatore, eventualmente attraverso appositi listini”.

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