ThyssenKrupp, semilibertà per i due manager tedeschi

ThyssenKrupp, semilibertà per i due manager tedeschi
Gerald Priegnitz e Harald Espenhahn
17 giugno 2020

Semiliberta in Germania per Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, i due manager tedeschi condannati per il rogo alla Thyssenkrupp di Torino che nel 2007 uccise sette operai. Il provvedimento è arrivata oggi alla procura generale di Torino. In pratica, i due condannati trascorrano in carcere la notte e che di giorno lavorino all’esterno. Sono contemplate anche agevolazioni in materia di socialità all’interno dell’istituto di pena.

La semilibertà sembrerebbe già stata concessa a uno dei due manager. “Ci incateneremo a Roma. Andremo a Essen. Qualcosa faremo. Devono dirci come è possibile questa cosa”, è il primo commento di Rosina Platì, mamma di una delle sette vittime del rogo. “Sono basito. Devono ancora inventare un aggettivo per esprimere le sensazioni che sto provando ora. La notizia è inattesa quanto vergognosa”, aggiunge Antonio Boccuzzi, l’operaio della Thyssenkrupp sopravvissuto all’incendio.

Il rogo alla Thyssenkrupp di Torino nel 2007 uccise questi sette operai

La semilibertà può essere concessa in presenza di tre requisiti: assenza del pericolo di commissione di reati della stessa indole (in questo caso si tratta di omicidio colposo), assenza del pericolo di fuga, assenza di recidiva. “Sono basito. Devono ancora inventare un aggettivo per esprimere le sensazioni che sto provando ora. La notizia è inattesa quanto vergognosa”. E’ il primo commento di Antonio Boccuzzi, l’operaio della Thyssen sopravvissuto all’incendio.

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Boccuzzi osserva che “cinque anni (il massimo della pena prevista in Germania per l’omicidio colposo – ndr) erano pochi, ma almeno erano qualcosa” mentre “questa concessione, invece, è pazzesca, incredibile, discutibile”. “Mi hanno insegnato – aggiunge – che le sentenze e le decisioni del tribunale non si discutono. Credo però che sia arrivato il momento di iniziare a discuterle, altrimenti non vale più niente”. “In questo processo – conclude – non c’è più nulla di normale”.

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