Mosca: “Operazione va avanti senza negoziati”. Kiev usa per la prima volta i Mirage francesi contro Mosca

Aerei Mirage francesi

Aerei Mirage francesi

La Russia considera la diplomazia la via preferenziale per raggiungere i propri obiettivi, ma l’operazione militare speciale in Ucraina proseguirà finché Kiev rifiuterà il dialogo. Lo ha dichiarato oggi il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, rispondendo ai giornalisti. “Naturalmente, per noi è preferibile raggiungere i nostri obiettivi attraverso metodi politici e diplomatici. Ma in un contesto in cui l’Ucraina rifiuta il dialogo e lo vieta persino per legge, continuiamo l’operazione militare speciale per tutelare i nostri interessi”, ha affermato Peskov.

Le sue parole giungono in un momento di escalation del conflitto, con l’Ucraina colpita ieri sera da un massiccio attacco russo: 58 missili e 194 droni hanno preso di mira il Paese, secondo quanto riferito dall’esercito di Kiev. Per la prima volta, l’aviazione ucraina ha impiegato i caccia Mirage 2000, forniti dalla Francia a febbraio, abbattendo 34 missili e 100 droni. L’attacco ha nuovamente devastato le infrastrutture energetiche ucraine, mentre la sospensione degli aiuti militari americani alimenta timori su un indebolimento delle difese di Kiev.

Zelensky insiste sulla tregua, Erdogan offre mediazione

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha rinnovato il suo appello per una tregua aerea e marittima, definendola un primo passo verso una “vera pace”. In un messaggio su X, Zelensky ha scritto: “I primi passi per stabilire una vera pace dovrebbero essere quelli di costringere l’unica fonte di questa guerra, la Russia, a cessare questi attacchi”, chiedendo un divieto sull’uso di missili, droni a lungo raggio e bombe dall’aria.

A sostegno di questa proposta si è espresso il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha offerto nuovamente la Turchia come mediatrice. “Sosteniamo l’idea di un cessate-il-fuoco il prima possibile e di fermare gli attacchi aerei e marittimi come misura di fiducia tra le parti”, ha dichiarato Erdogan, ribadendo la disponibilità a ospitare negoziati tra Mosca e Kiev.

“Siamo pronti a dare qualsiasi contributo per una pace giusta, duratura e onorevole in Ucraina”, ha aggiunto, sottolineando che la sicurezza europea riguarda anche la Turchia e non solo i Paesi dell’Unione Europea. Erdogan ha chiesto che Ankara sia inclusa nelle discussioni sulla fine del conflitto e che le relazioni con gli Stati Uniti siano preservate.

L’Italia esclude truppe in Ucraina, punta sull’Onu

Sul fronte italiano, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha chiarito oggi, in un’intervista a ReStart su Rai3, che Roma non invierà soldati in Ucraina nell’ambito di una missione militare di pace europea o Nato.

“La posizione del governo è chiara: non manderemo truppe italiane. Una presenza militare Ue o Nato non è il modo migliore per rafforzare la pace”, ha dichiarato Tajani, suggerendo invece una missione sotto l’egida delle Nazioni Unite, sul modello delle forze Unifil in Libano. “Solo in quel caso si potrebbe discutere di una presenza militare italiana, ma non siamo disposti a inviare soldati in missioni diverse da quelle Onu”, ha precisato.

Incontro a Parigi per coordinare il sostegno a Kiev

Intanto, la comunità internazionale si mobilita. Mercoledì prossimo, il ministro francese delle Forze armate, Sébastien Lecornu, ospiterà a Parigi i colleghi di Germania, Italia (Guido Crosetto), Polonia e Regno Unito per coordinare il sostegno a Kiev. L’incontro, che si terrà a Val-de-Grâce, segue una riunione organizzata dal presidente Emmanuel Macron con i capi di stato maggiore europei pronti a garantire una futura pace in Ucraina.

“In un momento in cui gli aiuti militari Usa sono sospesi e i leader europei spingono per imporre la pace con la forza, discuteremo come coordinare il nostro supporto all’Ucraina e il riarmo dell’Europa per la nostra sicurezza collettiva”, ha dichiarato l’entourage di Lecornu all’Agence France Presse. Si tratta del terzo incontro in questo formato tra i ministri della Difesa dei cinque Paesi, dopo quelli di Berlino (novembre 2024) e Polonia (gennaio 2025). Mentre il conflitto si intensifica e le diplomazie si muovono, la strada verso la pace appare ancora lunga e incerta.