Non solo l’autonomia differenziata e la riforma della legge sulla cittadinanza. A segnare la distanza nel centrodestra tra Forza Italia e Lega è anche il risultato delle elezioni in Austria che ha visto il trionfo dell’estrema destra del Partito della Libertà (Fpo). Per il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è un esito inaccettabile. Il segretario di Fi non ci gira intorno: “Ogni rigurgito neonazista va respinto”, “in Austria serve una forma di governo a guida popolare che escluda il Partito della libertà” perché “le battaglie politiche si vincono sempre al centro per impedire che gli estremisti di destra e sinistra facciano danni”, argomenta intervistato da Rainews.
La replica a distanza del leader leghista Matteo Salvini non si fa attendere. A margine di un evento Anci in Lombardia il vicepremier, ministro per le Infrastrutture e i Trasporti, ribadisce che si tratta di “un bellissimo risultato” per quelli che definisce “i nostri alleati”. Il partito della Libertà austriaco, infatti, come la Lega, fa parte del gruppo dei Patrioti al Parlamento europeo. Con l’alleato di governo, Fi, invece, Salvini non è tenero. Senza nominarlo, il leader leghista affonda: “Stamattina qualcuno parlava di nazismo: o c’è qualcuno che dorme male, che mangia pesante, perché non penso ci sia l’allarme neonazista in Francia, o in Germania, in Austria e in Olanda. Quando i cittadini votano bisogna rispettare il voto popolare”.
Quindi dopo Orban, Ventura, Wilders, annuncia che anche il partito della Libertà sarà a Pontida il prossimo fine settimane “e nessuno si offenda”. Per Paolo Borchia, capo delegazione Lega a Strasburgo “è ridicolo definire l’Fpö nazista. A decidere in Austria sono gli elettori, non Tajani”. Sul fronte dell’autonomia differenziata è il governatore della Calabria Roberto Occhiuto a chiedere prudenza: “Congelate gli effetti della legge sull`autonomia in attesa che la riforma sia completa, utilizzate il tempo per ragionare su ogni aspetto e per spiegare all`opinione pubblica cosa succederà e come”, è il suo appello in una intervista al Corriere della Sera in cui non manca di sottolineare che tra le riforme capisaldo del programma di centrodestra la legge Calderoli “è l`unica su cui si è andati di fretta, di notte, con un`urgenza poco comprensibile. Sul resto si sta agendo con calma”.
Sulle altre due riforme – premierato e separazione delle carriere – in effetti la commissione Affari Costituzionali della Camera sta svolgendo le audizioni ma l’esame entrerà nel vivo solo dopo la manovra, con l’anno nuovo. All’appello di Occhiuto, Salvini risponde ricordandogli che “c’è una legge approvata anche con i voti di Forza Italia. Ognuno può chiedere ciò che vuole, poi in una Repubblica parlamentare funziona come il Parlamento approva. Se è stata approvata quella legge, con quella legge si lavora. È una grande occasione per la Calabria”. Il dossier insomma va avanti, è nelle mani del ministro Roberto Calderoli che il 3 ottobre ha in programma il primo tavolo ufficiale con il presidente della Regione Veneto Luca Zaia per il percorso di devoluzione delle materie non riferibili ai Lep (livelli essenziali delle prestazioni).
Sulla cittadinanza, su cui Fi ha annunciato una proposta di legge per introdurre lo Ius Scholae, è il deputato della Lega Stefano Candiani a stoppare le velleità forziste: “E’ assurdo e contro ogni buonsenso che chi fa parte del centrodestra che sostiene questo governo si impegni a buttare benzina sul fuoco acceso dalle opposizioni di sinistra per far danno proprio al governo e agli italiani”. Intanto oggi in ottava commissione al Senato inizia l’esame della riforma della Rai, altro potenziale terreno di scontro tra Lega e Fi. Salvini ha precisato che non c’è nessuna privatizzazione all’ordine del giorno ma ha promesso battaglia sulla riduzione del canone.
“Il taglio progressivo del canone e la sua totale cancellazione nel giro di 5 anni, sono per noi il punto qualificante e irrinunciabile di qualunque riforma della Rai”, conferma Mara Bizzotto, vicepresidente vicario del gruppo Lega a Palazzo Madama e prima firmataria di uno dei 4 ddl all’esame della commissione. Secondo Bizzotto “con un governo di centrodestra ci sono le condizioni giuste per cancellare la tassa più odiata dagli italiani”. In realtà, non è un mistero che la cancellazione del canone non sia ben vista dal partito fondato da Silvio Berlusconi. La tv si Stato senza la sovvenzione del canone manderebbe in onda più pubblicità e a farne le spese sarebbe principalmente Mediaset, l’emittente degli eredi di Berlusconi.