Sergio Mattarella continua le sue vacanze tra Maddalena e crisi di governo

Sergio Mattarella continua le sue vacanze tra Maddalena e crisi di governo
15 agosto 2019

Il capo dello Stato Sergio Mattarella continua le sue vacanze (interrotte ieri mattina per partecipare alla cerimonia del primo anniversario del crollo del ponte Morandi a Genova) alla Maddalena. Un modo come un altro per lasciare intendere una volta di più alle forze politiche, impegnate nella ricerca di una soluzione della crisi generata dallo strappo di Matteo Salvini, che il ruolo del Colle – in questa fase – non può che essere di attesa.

Il Quirinale, ha ripetuto in diverse occasioni Mattarella, ha un ruolo di arbitro, estraneo allo sviluppo delle dinamiche partitiche e parlamentari che le forze in campo stanno seguendo in questi giorni. La parlamentarizzazione della crisi, che dovrebbe toccare il suo punto più alto martedì 20 con le comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il conseguente dibattito e le decisione che il premier prenderà – passaggi che non interpellano evidentemente il Quirinale – non fanno però venir meno l’attenzione di Mattarella.

Il presidente è consapevole che il percorso parlamentare della crisi, nonostante i tentativi di forzatura operati in più occasioni da Salvini, avrà una sua strada e solo al termine di questa toccherà a lui intervenire. A cominciare dalle consultazioni, quale che sia l’esito del dibattito parlamentare. Di fronte alle dimissioni del presidente del Consiglio – che potrebbero arrivare anche senza un voto – Mattarella darebbe il via ai suoi incontri allo Studio alla Vetrata con i partiti nella ricerca di uno sbocco della crisi. Sbocco, ma tutto è ancora in alto mare, che potrebbe anche non portare allo scioglimento delle Camere, con conseguente fine della legislatura e nuove elezioni.

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Il dato che comunque sembra essere certo è che il giro (o i giri, qualora si rendessero necessari più incontri) di consultazioni non dovrebbe portare via molto tempo, considerando l’urgenza – di cui Matterella è consapevole – di avere un governo in grado di affrontare il delicato varo della prossima manovra e i conseguenti vincoli (temporali e di contenuto) europei ad essa legati. Con sullo sfondo lo scontro sul taglio dei parlamentari, diventata arma da brandire per spingere o ritardare, a secondo del partito che la impugna, la fine del governo guidato da Giuseppe Conte.

Mentre Salvini punta a capitalizzare il consenso nei sondaggi, molti ‘ex lumbard’ ormai gia’ prospettano la strada dell’opposizione. Con la possibilita’ di bloccare i lavori nelle commissioni, soprattutto quelle guidate dai leghisti, e di poter fare affidamento sugli amministratori del nord, sui sindaci, sui governatori, sulla spinta degli imprenditori. Nel partito di via Bellerio affiorano pure altri interrogativi. Il primo lo ha fatto intendere il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giorgetti. Perche’ Salvini non ha staccato prima la spina? “Chiaro che sarebbe stato piu’ facile andare al voto”, ha osservato il numero due della Lega. Nessuna critica ovviamente al segretario, visto che “sono le decisioni di un capo e un capo sempre decide lui da solo. Alla fine si tratta di responsabilita’ personali”.

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Ma il timore e’ che l’obiettivo delle urne non venga raggiunto e che anche gli strumenti di pressione escogitati – come l’ok al taglio dei numeri dei parlamentari – non siano utili alla causa. “Cosi’ – sottolinea un senatore della Lega – rischiamo di inseguire i grillini nella loro propaganda”. Perplessita’ sulla mossa legata alle riforme sembrano arrivare pure da Giorgetti: “Non sono un costituzionalista – ha osservato -. Noi siamo disposti a votare anche per la quarta volta, come abbiamo gia’ fatto per tre volte questa riforma, ma poi sulla eventualita’ di poter andare alle elezioni l’interpretazione non tocca farla a noi”.

La preoccupazione tra gli ‘ex lumbard’ e’ che sia troppo tardi, che quel ‘partito del non voto’ ormai si sia formato gia’ in Parlamento. Manovre in corso. Tra accuse e veleni. “Da Salvini solo una mossa della disperazione”, l’affondo di Di Maio. Mentre la Lega punta il dito contro Fico, “non si capisce perche’ abbia calendarizzato la riforma solo dopo le comunicazioni di Conte”. In ogni caso questa partita la decideranno soprattutto i singoli parlamentari e – osservano nella Lega – “sono proprio pochi quelli che vogliono andare a casa”. “E poi – azzarda un deputato – la Casaleggio si regge in piedi con gli stipendi dei parlamentari dei pentastellati”.

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Insomma, al di la’ di qualche dichiarazione sporadica, in M5s e Lega, non c’e’ alcuna intenzione in entrambi i fronti di riaprire un dialogo. Nel Carroccio, invece, si osserva la nascita di un nuovo ‘bipolarismo’. Da una parte il centrodestra, dall’altro la sinistra. Con il Movimento 5 stelle che – questo il ‘refrain’ – rischia di entrare “nel sistema politico” e di perdere completamente la sua forza popolare. Da qui la convinzione di molti ‘big’ che la strada dell’opposizione possa poi portare solo a dei vantaggi. O si vince o comunque non si perde. Anzi: “E’ chiaro che l’operazione che M5s e Lega stanno portando avanti e’ puro trasformismo. A noi fara’ bene…”, sostiene un altro deputato ‘ex lumbard’.

“La via maestra, democratica, trasparente, lineare, e’ quella delle elezioni. No a governi strani. le elezioni a ottobre o novembre non c’e’ in ballo nessun aumento dell’Iva”, ripete il ministro dell’Interno, “noi non abbiamo paura di metterci in gioco, di mollare la poltrona, vediamo se il partito della poltrona si riorganizzera’, non staremo fermi”. Tuttavia la consapevolezza e’ che la strada delle urne diventa ogni giorno che passa sempre piu’ stretta.

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