Sulla giustizia scoppia polveriera M5s, Conte contro la riforma

Sulla giustizia scoppia polveriera M5s, Conte contro la riforma
Giuseppe Conte
10 luglio 2021

La riforma della giustizia penale approvata dal Consiglio dei ministri ha l’effetto di un cerino gettato nella polveriera M5s. Il giorno dopo fioccano le critiche al provvedimento, da quelle ferme ma più misurate (Giuseppe Conte) a quelle durissime (Alfonso Bonafede) fino a chi invita a uscire dal governo (Alessandro Di Battista da fuori, Giulia Sarti tra gli altri parlamentari). Per capire come si è arrivati a questo punto occorre fare un passo indietro. In Cdm la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha portato gli emendamenti al disegno di legge delega di riforma del sistema penale, norme che modificano in modo rilevante la cosiddetta ‘riforma Bonafede’, pensata dall’ex Guardasigilli.

Sulle proposte della ministra, in particolare per la parte relativa alla prescrizione, i pentastellati sono contrari. Nel corso di una riunione, tra i rappresentanti di governo, lo stesso Bonafede, altri ‘big’ del Movimento viene decisa la linea dell’astensione. Quando arrivano a Palazzo Chigi, però, i ministri (Stefano Patuanelli, capo delegazione, Federico D’Incà e Fabiana Dadone) si riuniscono con il presidente del Consiglio Mario Draghi e con la Cartabia, per trovare una soluzione. La mediazione vede, tra l’altro, l’inserimento di reati contro la P.A., come la corruzione e la concussione, tra quelli con tempi di prescrizione allungati. Alla fine (ma in mezzo, secondo il ‘Fatto quotidiano’, ci sarebbe stata un contatto risolutivo Draghi-Grillo) anche il Movimento si convince, vota sì e le norme vengono approvate all’unanimità.

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I retroscena parlano di un Giuseppe Conte ‘deluso’ per questa decisione. Intervenendo all’assemblea dei Giovani industriali, l’ex premier ha ammesso di non essere soddisfatto. “Apprezzo il lavoro della ministra Cartabia però non canterei vittoria. Oggi non sono sorridente per quanto riguarda la prescrizione: siamo tornati a quella che è un’anomalia italiana”, ha detto, smentendo però che ci sia alcuna “contrapposizione Conte-Draghi”. Chi invece attacca a testa bassa è proprio Bonafede (considerato un contiano di ferro), che non ci sta a vedere smontata la propria proposta. “La norma votata, a mio modesto parere, rischia di trasformarsi in una falcidia processuale che produce isole di impunità e che, comunque, allungherà i tempi dei processi”, secondo l’ex ministro, che punta il dito contro i suoi compagni di partito perché “purtroppo, il M5s è stato drammaticamente uguale alle altre forze politiche”.

Alessandro Di Battista, dal sito Tpi, tuona contro i ministri che hanno mostrato “incapacità politica, pavidità, accidia e inadeguatezza” e invoca “una presa di posizione del gruppo parlamentare” contro “la balla della governabilità”. Una linea che trova sponde tra i parlamentari. Per Vittorio Ferraresi, ex sottosegretario a via Arenula, “se non conti nulla meglio stare fuori” dal governo. La pensa così anche Giulia Sarti, deputata in commissione Giustizia secondo cui, semplicemente, “non ci sono più le condizioni per restare nel governo Draghi. Fine”. Danilo Toninelli, ex ministro delle Infrastrutture, chiede di “appellarci alla democrazia diretta col voto degli iscritti. Gli stessi che ci hanno dato mandato di appoggiare il governo Draghi per difendere le nostre conquiste”.

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In mattinata un lungo post sul blog ufficiale del Movimento cerca di riportare la calma. “È stato fatto un lavoro che ha consentito di salvare la riforma della prescrizione che gli altri partiti avrebbero voluto cancellare del tutto, con un colpo di penna”, la spiegazione offerta, con un richiamo alla compattezza: “Ci proveranno, state sicuri, tutti, a smantellare le conquiste che abbiamo ottenuto. Dobbiamo farci trovare pronti, ancora una volta a difendere col coltello fra i denti quanto conquistato”. Parole che però non sembrano sedare la “rivolta” sui social. Una ‘insurrezione’ che mostra la necessità di arrivare in tempi rapidissimi alla conclusione del lavoro di mediazione dei “saggi” sullo statuto, prima che le ferite inferte dagli ultimi “schiaffi” (la giustizia, ma anche la Rai) diventino non più rimarginabili. askanews

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