Teatro Massimo Palermo, Macbeth di Emma Dante apre la stagione

Teatro Massimo Palermo, Macbeth di Emma Dante apre la stagione
Emma Dante
18 gennaio 2017

La forza, la violenza, il potere. E le streghe con la loro ‘gravida’ profezia che parla di nascite e futuro. Un Macbeth tragico, dominato da un enorme velo rosso sangue – sangue di delitti, sangue di parto, sangue di guerra e di morti – popolato da streghe che si fanno continuamente ingravidare per partorire altre streghe, circondato da una natura ostile e pericolosa rappresentata da una foresta di fichi d’India. Ecco il Macbeth di Verdi per la regia di Emma Dante (foto), che sabato, alle 20.30, aprira’ la stagione 2017 del Teatro Massimo di Palermo. Una stagione importante, che celebra il centoventesimo anno dall’inaugurazione del Teatro e il ventesimo dalla riapertura. Un nuovo allestimento in coproduzione con il Teatro Regio di Torino e con lo Sferisterio di Macerata, che ad agosto sara’ al Festival di Edimburgo. Sul podio Gabriele Ferro – direttore musicale del Teatro Massimo – sulla scena Luca Salsi nel ruolo di Macbeth e Anna Pirozzi in quello di Lady Macbeth. Banco e’ Marco Mimica, la dama e’ Federica Alfano, Macduff e’ Vincenzo Costanzo, Malcom e’ Manuel Pierattelli, il medico Nicolo’ Ceriani, il domestico/sicario/araldo e’ Antonio Barbagallo. Nel secondo cast Macbeth e’ Giuseppe Altomare e Lady Macbeth e’ Virginia Tola. Orchestra, Coro e Corpo di ballo del Teatro Massimo, Compagnia Sud Costa Occidentale di Emma Dante, Maestro del Coro Piero Monti.

“Una grande apertura di stagione – ha detto il sindaco Leoluca Orlando – per un Teatro diventato sempre piu’ il motore culturale e il punto di riferimento della citta’”. “Una stagione che si apre nel segno degli anniversari – ha aggiunto il sovrintendente Francesco Giambrone – il 120esimo dalla Fondazione, il ventesimo dalla riapertura, il 25esimo dalle stragi di mafia, il 400esimo dalla fondazione del Conservatorio Bellini, i settanta anni di Salvatore Sciarrino”. “Una grande produzione – ha detto il direttore artistico Oscar Pizzo – che andra’ poi a Torino, al Festival di Edimburgo, per poi andare al Teatro San Carlo e quello di Macerata, una delle tante produzioni del Teatro Massimo che girano per l’Europa, a conferma di un Teatro sempre piu’ visibile e autorevole sulla scena internazionale”. Il 19 gennaio, alle 20.30, la prova generale alla quale parteciperanno milletrecento under 35 dell’associazione Giovani del Teatro Massimo. E poi il sovrintendente dell’Opera di Roma, Carlo Fuortes e il sovrintendente del San Carlo di Napoli, Rosanna Purchia. Alle successive recite parteciperanno il sovrintendente del Teatro Regio di Torino, Walter Vergnano; il sovrintendente del Teatro di Ginevra, Tobias Richter, il sovrintendente della New York City Opera, Michael Capasso.

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“Ho lavorato molto sul mondo delle streghe – dice Emma Dante, che gia’ due anni fa inauguro’ la stagione del Teatro Massimo con Gisela – una comunita’ animalesca e selvaggia che perpetua la propria specie per continuare il proprio cammino fatto di sortilegi e di evocazioni, una cosa nuova rispetto al libretto. In scena c’e’ una forte promiscuita’ tra satiri con grandi falli e le streghe sempre gravide, con le loro pance. Tutto il discorso dei vaticini che queste streghe fanno a Macbeth hanno a che fare molto con la procreazione: Macbeth non ha figli, e Lady Macbeth vorrebbe tanto averne uno ma non ce la fa. Cosi’ alla sua famosa domanda di Macbeth ‘cosa state facendo?’, la risposta e’ ‘un’opera grande’, e l’opera grande e’ la nascita, l’opera piu’ grande che esista”. Ma Macbeth e’ anche una parabola sul potere e la colpa. “A rappresentare questo – spiega ancora la regista – ci sono elementi scenografici che rappresentano dei troni dorati. Il piu’ alto e’ quello dove Macbeth deve sedersi, ma nel momento in cui lo raggiunge non potra’ piu’ scendere. E tutto quello che c’e’ intorno al trono verra’ tolto, restera’ il trono isolato, altissimo, con lui sopra, e intorno il deserto”. La scena dell’uccisione del re rappresenta il travaglio interiore di Macbeth. “A impugnare il pugnale c’e’ un doppio di Macbeth, vestito come lui, una sua proiezione. Ma lui non riesce a ucciderlo e il re non muore. Finche’ Macbeth non prende il pugnale e lo uccide. Quindi e’ come se fosse un dissidio interiore, l’azione non produce effetti finche’ lui stesso non decide”.

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La foresta di Birnam, quella che nel libretto avanza contro Macbeth, in quest’allestimento e’ una foresta di fichi d’India, il frutto mediterraneo per eccellenza. “Scendera’ dall’alto sul palcoscenico – dice la regista – ed entreranno in scena trenta attori: non mimi ne’ figuranti, ma proprio attori, che porteranno il teatro nell’opera musicale. Una scelta, quella del fico d’India – che non e’ certamente fedele all’ambientazione scozzese ma che racconta di una natura pericolosa, spinosa, piena di insidie. Per me deve essere soprattutto un luogo simbolico, che racconta la natura selvaggia che prende il sopravvento sull’uomo. Gli attori in sala brandiranno le spade e i coltelli, sara’ una scena apocalittica: la foresta non avanzera’, ma saranno gli attori a portarsela sulla testa”. “Verdi amava moltissimo Shakespeare – dice Gabriele Ferro – lo aveva conosciuto attraverso la traduzione di Rusconi del 1938. Del Macbeth esistono due versioni: la prima andata in scena a Firenze nel 1847, la seconda rivista completamente e presentata diciotto anni dopo all’Opera di Parigi con alcuni balletti e un finale trionfalistico. Noi presentiamo una via di mezzo”.

Molto impegnativa l’opera per i cantanti. “Verdi – continua Ferro – che si definiva piu’ uomo di teatro che musicista, ma che in realta’ era un grandissimo musicista, ha lasciato indicazioni sulle voci pazzesche, termini come oscillante, represso, perfino voce muta, questo per dire quanto tenesse al fattore drammaturgico. Per Lady Macbeth avrebbe voluto una voce brutta, perche’ il personaggio doveva essere brutto e cattivo. Sono due i pezzi straordinari: il duetto tra Lady Macbeth e Macbeth del primo atto dove l’orchestra suona in fortissimo ma con la sordina per ottenere un colore particolarissimo, e l’aria del sonnambulismo di Lady Macbeth, che e’ un capolavoro totale”. Nei panni di Macbeth c’e’ il baritono Luca Salsi, protagonista un anno e mezzo fa di un fatto curioso: ha sostituito un indisposto Placido Domingo in una recita pomeridiana dell'”Ernani” al Metropolitan di New York, un quarto d’ora prima dell’inizio dello spettacolo. La sera stessa doveva cantare in una recita della “Lucia di Lammermoor”, quindi ha cantato le due opere nello stesso giorno a distanza di poche ore. Salsi – che e’ originario di Parma, proprio come Verdi – si considera una voce puramente “verdiana”.

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“Sono felice di tornare a cantare in questo magnifico teatro – dice – soprattutto in un ruolo al quale sono particolarmente legato, come quello di Macbeth. E’ un’opera piena di fascino, ricca di colori e di nuances, indicati con precisione da Verdi su una partitura che reca segni interpretativi mai visti prima. Un’autentica sfida per il cantante, che deve sapere dosare e modulare la voce, per produrre suoni cupi, ‘strisciati’, talvolta addirittura ‘soffocati’. A Chicago e a Stoccolma ho avuto l’occasione di cantare questo ruolo con il maestro Riccardo Muti, che mi ha letteralmente svelato un mondo”. Sin dal suo gran debutto al Festival di Salisburgo nel 2013 sotto la direzione musicale di Riccardo Muti nella parte di Abigaille in Nabucco, Anna Pirozzi si e’ confermata il soprano drammatico di coloratura piu’ elettrizzante della sua generazione: “E’ una delle mie opere preferite, nonostante il ruolo sia difficile, cupo, macabro. Per un soprano e’ un ruolo che da’ grande soddisfazione vocale ed espressiva. Si dice che Verdi volesse che Lady Macbeth avesse una voce brutta, io credo che intendesse dire che servivano degli effettacci sulla voce, che magari possono sembrare esagerati ma sono quelli che voleva”. Con Macbeth si avvia un progetto “Vi racconto l’opera”, curato dalla scrittrice e drammaturga Beatrice Monroy. Nella sala Onu del Teatro Massimo verranno raccontate, prima di ogni prima, le grandi storie delle opere liriche. Beatrice Monroy raccontera’ in circa un’ora e mezzo tratti della trama, ricostruendo la tensione della suspence, con indicazioni sulle emozioni e sui caratteri dei personaggi e sugli autori.

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