Terremoto in Campidoglio, il caso De Vito e i pericoli del limite del doppio mandato

Terremoto in Campidoglio, il caso De Vito e i pericoli del limite del doppio mandato
Aula Giulio Cesare in Campidoglio, sede del Consiglio comunale - Roma
21 marzo 2019

Due velocissime considerazioni sull’arresto del presidente del Consiglio comunale di Roma Marcello De Vito, con la doverosa premessa che, fino a sentenza definitiva, l’esponente del MoVimento 5 Stelle dev’essere considerato innocente.

Chi è Marcello De Vito? E’ un consigliere comunale – duemila euro di stipendio, poco più poco meno – che vive gli ultimi anni del suo secondo mandato nelle istituzioni. Stando al regolamento attuale dei Cinquestelle (Luigi Di Maio ha promesso che l’avrebbe cambiato, ma poi la cosa si è persa nel nulla), per De Vito non ci saranno altri “giri”. Alla fine della consiliatura dovrà tornare alla “vita di prima”, senza neanche la soddisfazione di aver incassato stipendi ben più corposi come quelli dei suoi colleghi parlamentari.

 E’ plausibile che De Vito, trovandosi in questa situazione, si sia fatto ingolosire dalle possibilità di guadagno illecito che gli offriva il suo ruolo? La verità la stabilirà la magistratura, ma l’ipotesi potrebbe avere qualche fondamento. Al di là del caso specifico, però, c’è da chiedersi se il limite del doppio mandato e le proposte di taglio degli stipendi degli eletti non finiscano per costituire un potenziale incentivo al malaffare. Voglio dire: se io fossi un parlamentare che incassasse, invece degli attuali 12-13mila euro al mese, uno stipendio “normale” da 3-4mila euro, e se mi trovassi all’epilogo del mio secondo e ultimo mandato nelle istituzioni, riuscirei davvero a resistere alla tentazione di non “arrotondare” illegalmente quella cifra sfruttando il mio ruolo nel “Palazzo”?

Pensate a quanti parlamentari dei Cinquestelle, prima di essere eletti, vivevano esistenze economicamente poco gratificanti. Lavoravano per pochi spiccioli o magari erano disoccupati. Saranno capaci di tornare alla vita di prima dopo essersi abituati per una decina d’anni a tutt’altro status? Quanti di loro saranno onesti fino in fondo? Quale percentuale in fondo fisiologica di persone si comporterà invece senza scrupoli?

Parlo dei Cinquestelle ma penso che questo ragionamento potrebbe essere esteso a qualsiasi forza politica che si dotasse delle regole stringenti dei grillini su stipendi e mandati. L’aver ridotto la politica a un semplice fatto di “quantità” piuttosto che di “qualità”, l’aver svilito il lavoro del parlamentare (“sono solo un portavoce, non mi chiami onorevole, uno vale uno”), l’aver dimenticato che la democrazia ha dei costi adeguati a garantirne il funzionamento, tutto questo rischia di avere un risvolto molto pericoloso.

I vitalizi, le immunità, gli stipendi da nababbi, la possibilità di votare in dissenso al gruppo o di ricandidarsi ogni volta che si vuole e tanti altri “privilegi” sono stati istituiti in principio per proteggere gli eletti da pressioni, ritorsioni, tentazioni. Eliminare tutto questo significa sicuramente dare una lezione alla “casta”. Ma anche – l’affaire De Vito ce lo insegna – debellare gli anticorpi della nostra democrazia.

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