Trump e il Coronavirus, il business prima delle vite umane?

Trump e il Coronavirus, il business prima delle vite umane?
Donald Trump e Calvin Coolidge
29 marzo 2020

Dan Patrick, il vice governatore del Texas, ha trovato la soluzione per affrontare il coronavirus. In un’intervista alla Fox News, il quasi settantenne Patrick ha detto che sarebbe disposto a correre il rischio del contagio per salvare l’America da un collasso economico. Secondo Patrick, altri anziani dovrebbero fare la stessa cosa. Al diavolo le vite umane che tanti Paesi al mondo stanno cercando di salvare. Dopotutto, come aveva detto il 30esimo presidente americano Calvin Coolidge (1923-1929) “il business degli americani è il business”. Donald Trump è d’accordo con Patrick e Coolidge. L’attuale inquilino della Casa Bianca ha fatto sapere che in due settimane l’America sarà aperta e il “lockdown” finirà, onde salvare l’economia. Trump rema contro la saggezza dei medici e esperti della sanità pubblica i quali consigliano la distanza sociale per ridurre i contagi, salvare vite umane e fare di tutto per evitare il collasso del sistema sanitario.

Il 45esimo presidente sa benissimo che un’economia a pezzi lo caccerebbe dalla Casa Bianca con l’elezione del mese di novembre. Non gli dovrebbe fare però tanto dispiacere. In una conferenza stampa qualche giorno fa Trump ha dichiarato che essere presidente è stato un grande sacrificio e gli “è costato miliardi di dollari”. Povero Trump. In realtà, poveri americani poiché gli Stati Uniti si trovano al primo posto per il numero di contagi, seguiti dalla Cina e l’Italia. La ripresa economica preme anche ai democratici ma soprattutto ai repubblicani i quali anche loro vedono un possibile rilancio come carta vincente per la rielezione di Trump. Una recessione significherebbe la vittoria di Joe Biden, probabile avversario di Trump a novembre e come effetto collaterale anche la perdita della loro maggioranza al Senato. Ecco perché i primi a parlare del salvataggio del governo sono proprio stati i repubblicani. Le prime voci dell’intervento sull’economia sono emerse dalla bocca di Steven Mnuchin, ministro del Tesoro. Anche il senatore Tom Cotton, ultra conservatore, repubblicano dell’Arkansas ha alzato la voce per un intervento governativo sull’economia.

Come va ricordato i repubblicani professano una fortissima fede nelle aziende private e un governo limitato che lascia fare le corporation. Infatti, nel 2009, quando Barack Obama fece approvare il salvataggio per la profonda crisi economica ereditata da George W. Bush, la leadership repubblicana era contraria. Nel caso attuale però capiscono molto bene che gli americani votano con la pancia e un’economia a pezzi vuol dire sconfitte elettorali. Il disegno di legge di salvataggio iniziato da Mitch McConnell e i repubblicani al Senato era stato inizialmente bloccato dai senatori democratici poiché lo avevano considerato troppo favorevole alle aziende e con pochi benefici ai singoli individui che hanno perso o stanno perdendo i posti di lavoro. Dopo non poche accuse reciproche e tante negoziazioni si è raggiunto un accordo. La legge, approvata alla fine dal Senato con voto unanime (96-0), costerebbe 2,2 mila miliardi di dollari, il salvataggio più caro della storia. Più di 150 milioni di americani con reddito singolo inferiore ai 75mila dollari annui o 150mila per le coppie, secondo le dichiarazioni del 2018 o 2019, riceveranno assegni (1200 dollari per adulti e 500 per bambini).

La legge include anche un ampliamento della cassa di integrazione che permetterà ai dipendenti senza lavoro di ricevere i loro salari per quattro mesi, incluso quelli della cosiddetta gig economy, i lavori saltuari, molti dei quali emersi mediante le nuove tecnologie. 500 miliardi saranno stanziati per le piccole aziende con prestiti a bassissimo interesse e per la aziende colpite severamente come quelle del turismo. Un punto spinoso per i democratici era chi sarebbe incaricato di distribuire questi soldi alle imprese e alla fine ci si è accordati su un ispettore con un panel di cinque persone che supervisioneranno l’assegnamento di questi fondi. Le aziende di Trump, gestite dai suoi due figli, non potranno beneficiare, punto sul quale i democratici hanno insistito con veemenza. Mnuchin è in frequente contatto con Trump e il presidente americano ha già firmato la nuova legge vedendola come indispensabile al rilancio economico.

Non si esclude però la necessità di futuri interventi poiché secondo alcuni analisti la disoccupazione potrebbe raggiungere la cifra devastante del 30 percento nelle prossime settimane o mesi. Alcuni analisti hanno però rilevato che la nuova legge sarà insufficiente per evitare una recessione. Il Canada ci dà qualche indicazione sulla strada che si dovrebbe seguire. Lo stimolo programmato dal Paese al nord degli Usa include 2000 dollari al mese per coloro che perdono il lavoro. Tutto dipende da quello che succede nelle prossime settimane e l’impatto sull’economia ma soprattutto anche per il numero di decessi. Trump, ossessionato dall’indispensabile ripresa economica, è però incapace di vedere il numero di morti che nei prossimi giorni e settimane di certo aumenterà in modo notevole. L’empatia dopotutto non è mai stato né sarà il suo forte. Per empatia bisogna rivolgersi a Andrew Cuomo, il governatore dello Stato di New York, epicentro del coronavirus in America, che negli ultimi giorni ha parlato eloquentemente da “presidente” mentre Trump continua a sognare la ripresa economica e la sua possibile rielezione. *Professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications

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