Turchia, ora c’è la stampa nel mirino: arrestato anche direttore Cumhuriyet

Turchia, ora c’è la stampa nel mirino: arrestato anche direttore Cumhuriyet
31 ottobre 2016

La morsa della censura sui media in Turchia si fa sempre più stretta, arrivando a colpire tutti i media di opposizione. Questa mattina all’alba la polizia ha avviato un’operazione contro Cumhuriyet, storico quotidiano laico del Paese. Sono stati emessi diciotto mandati di cattura rivolti ai giornalisti che occupano anche posizioni della dirigenza della testata. Tra i 13 fermati figurano Murat Sabuncu, direttore del quotidiano, i giornalisti veterani Aydin Engin, Hikmet Cetinkaya, il rappresentante dei lettori Guray Oz, il caricaturista Musa Kart e Kadri Gursel, consulente editoriale della testata, nonchè membro direttivo dell’Istituto internazionale di stampa (IPI). Le forze dell’ordine hanno perquisito le case dei giornalisti, inclusa quella di Can Dundar, ex direttore di Cumhuriyet che ora si trova in Germania e per il quale è stato emanato sempre questa mattina un ordine di cattura. Al momento dei blitz della polizia si trovavano all’estero anche il giornalista Nebil Ozgenturk e Akin Atalay, avvocato della testata e presidente del consiglio esecutivo della fondazione a cui appartiene Cumhuriyet. Lo staff del quotidiano più vecchio del Paese e il cui nome (repubblica, in italiano) fu dato dallo stesso fondatore della Turchia moderna Mustafa Kemal Ataturk, è accusato degli stessi reati per cui negli ultimi mesi sono già state chiuse decine di altri media.

Nel caso specifico, i giornalisti in questione sono accusati di aver commesso dei crimini “a nome dei gruppi terroristici PKK e FETO””, ossia il Partito dei lavoratori del Kurdistan e il movimento dell’ex imam Fethullah Gulen, che Ankara indica come responsabile del fallito golpe del 15 luglio scorso. L’ordine di fermo della magistratura di Istanbul fa inoltre riferimento alle accuse di “irregolarità” commesse durante l’ultima elezione per definire i membri direttivi della Fondazione Cumhuriyet. Un’espressione che è stata valutata da diversi osservatori come un possibile segnale dell’eventuale commissariamento (e conseguente chiusura) del quotidiano. Intanto, l’indagine risulta attualmente coperta da segreto istruttorio e secondo quanto riportato dal quotidiano online T24, ai giornalisti indagati è stato posto il divieto di vedere i propri avvocati per 5 giorni. La giornalista Ayse Yildirim, in una dichiarazione fatta a nome del quotidiano, definendo le accuse “ridicole”, ha affermato che “le decisioni di fermo vanno contro la legge e le accuse sono immaginarie. Cumhuriyet non ha mai collaborato nè con FETO e nemmeno con il PKK ed è impossibile che possa collaborarvi”. Yildirim ha inoltre aggiunto che allo stato attuale non è rimasto un solo dirigente di testata a piede libero “ma tutti quelli che lavorano in questo giornale sono dirigenti.

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Noi abbiamo subito simili pressioni anche in passato e non ci piegheremo. Qui è in atto un golpe che mira a colpire il diritto dei cittadini di informarsi. Invitiamo tutti a unirsi in solidarietà per il diritto di informare e di essere informati”. Centinaia di lettori e organizzazioni della società civile si sono radunati davanti alla redazione di Istanbul per sostenere il quotidiano. Allo stesso modo, politici del partito kemalista CHP (Partito repubblicano del popolo) e del filo-curdo HDP (Partito democratico dei popoli) si sono recati nelle sedi di Istanbul ed Ankara del giornale condannando i fermi. Il co-leader dell’HDP, ricordando il recente arresto dei co-sindaci curdi di Diyarbakir Gulten Kisanak e Firat Anli, ha affermato che l’operazione rivolta ai giornalisti di Cumhuriyet si inserisce all’interno di uno stesso, unico obiettivo, quello di raggiungere “la meta della dittatura”. A sua volta, Cemal Canpolat, presidente CHP della circoscrizione di Istanbul, ha attirato l’attenzione sulla prossimità del referendum che il governo di Ankara vorrebbe sottoporre ai cittadini per approvare il sistema presidenziale in Turchia. “Vogliono andare al referendum con una stampa muta” ha affermato il politico. “Se le istituzioni dell’UE vogliono dire la loro sulla questione, questo è il momento giusto”, ha affermato invece Erol Onderoglu, rappresentante di Reporters senza frontiere in Turchia. Un paese che ormai ha oltre 100 giornalisti in prigione e che in mancanza di una inversione di tendenza risulta pronta a portare avanti il suo primato a oltranza.

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